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“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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“Requiem per la scuola?” di Norberto Bottani

a cura di in data 1 Gennaio 2013 – 10:45

Norberto Bottani, Requiem per la scuola?, Ripensare il futuro dell’istruzione, Il Mulino, febbraio 2013

«I sistemi scolastici attuali sono paragonabili a un plotone di ciclisti in corsa: quando uno di essi capitombola, le biciclette volano per aria e si verificano cadute impressionanti sull’asfalto. Alcuni si rialzano, altri restano a terra con ferite più o meno gravi e dolorose. Taluni non possono proseguire, alcuni devono abbandonare la corsa.»

Gli odierni sistemi scolastici – di stampo ottocentesco – registrano ovunque un duplice fallimento, in termini di efficienza e di equità: l’impossibilità di far acquisire a ognuno un bagaglio minimo di conoscenze e competenze e quello di democratizzare la società, favorendo, mediante l’istruzione, la mobilità sociale. Il divario, inoltre, tra mondo scolastico e nuove tecnologie è massimo. I «nativi digitali» sperimentano ormai molteplici spazi aperti di apprendimento e modalità di accesso alla conoscenza, molto lontani dai riti scolastici. Ce n’è abbastanza per chiedersi che cosa giustifichi oggi tali sistemi e se così come sono abbiano ancora un senso.

Norberto Bottani esperto di politiche scolastiche, già alto funzionario Ocse, è attualmente consigliere della Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo. Per il Mulino ha pubblicato «La ricreazione è finita» (1986), «Professoressa addio» (1994) e «Insegnanti al timone?» (2002).

Alessandra Cenerini intervista Norberto Bottani sul suo ultimo libro, freschissimo di stampa

Alessandra Cenerini: E’ uscito finalmente!Diciamo che il titolo non sprizza ottimismo. Un Requiem un po’ inquietante, ma certamente efficace.Non giri attorno al problema. Il titolo ci fa entrare immediatamente nel cuore dell’argomento:  la scuola è arrivata al capolinea!

Norberto Bottani: A scanso di equivoci diciamo subito che il libro non entra affatto nel dibattito scolastico italiano. Non affronta per nulla i numerosi cantieri aperti con i quali si tenta di tenere in piedi, di restaurare e magari anche di migliorare il sistema scolastico italiano. Per me, è troppo difficile, per non dire impossibile, capire tutte le astruserie dei giochi bizantini della politica scolastica italiana. Mi è molto più congeniale tenermi a distanza e osservare le tendenze di fondo che si manifestano all’interno di tutti i sistemi scolastici, quello italiano incluso.Dopo un tuffo durato otto anni nelle vicende quotidiane di un micro sistema scolastico come quello dello stato di Ginevra sono risalito in orbita- immagine che uso volentieri- per cercare di capire dove stanno andando i sistemi scolastici. Questo è il tema centrale del volume che è espresso nel sottotitolo: “Ripensare il futuro dell’istruzione”.

Alessandra Cenerini: Quando parli di sistemi scolastici ti riferisci in particolare al sistema scolastico statale, non all’istruzione in sé. E’ importante che precisi questo aspetto, perché serve a capire meglio su cosa verte l’analisi che proponi nel libro. Ciò che è in discussione insomma non è la scuola tout court, ma l’avvenire del servizio statale di istruzione.

Norberto Bottani: Esattamente, questa precisazione è fondamentale. Il volume è dedicato a quanto succede nel sistema scolastico statale, il quale ha un inizio ben preciso nel corso dell’Ottocento, ancorché questo inizio sia differenziato nei vari Paesi, e avrà anche una fine. In certi Paesi, come nella Svezia, il servizio scolastico statale è sorto ben prima che in Italia. In altri, come in molti Paesi sub-sahariani, i servizi scolastici sono più recenti.Condivido in ogni modo l’opinione di quella corrente della sociologia comparata dell’istruzione secondo la quale i sistemi scolastici seguono tutti una stessa via, si muovono tutti lungo uno stesso binario. C’è chi avanza più in fretta, chi è partito prima e chi è in coda al treno, ci sono servizi scolastici performanti ed altri invece che vanno al rallentatore o che segnano il passo, ma fra loro sono tutti più simili che dissimili .Il vagone scolastico italiano si trova su un binario morto, come lo dimostrerà tra poco il seminario internazionale dell’ADI.Potrei sbagliarmi e sono sicuro che ci sono specialisti in Italia che non condividono affatto questa mia opinione, che mi rimprovereranno di non essere sufficientemente attento ai cambiamenti avvenuti nel corso di questi ultimi decenni e soprattutto di questi ultimi anni, ma attendo prove convincenti del cambiamento e per ora queste prove, all’altezza di un grande servizio statale, non le posseggo.

Alessandra Cenerini: Il libro è suddiviso in due capitoli. Partiamo dal primo. In questo capitolo sviluppi quanto è annunciato nel titolo, ossia che i sistemi scolastici statali hanno terminato il loro ciclo. E’ così?

Norberto Bottani: Sì. Nel primo capitolo riprendo alcune idee che gli associati dell’ADI già conoscono e che ho più volte espresso nei miei libri precedenti, ossia che i sistemi scolastici statali hanno raggiunto l’apice della loro evoluzione e sono tutti entrati in una fase calante.E’ mia convinzione che i sistemi scolastici attuali, così come sono stati concepiti, perfezionati, curati, sono destinati a scomparire.La fine di questi sistemi scolastici non sarà indolore e non sarà nemmeno rapida. L’agonia sarà invece alquanto prolungata, anche perché i servizi scolastici dispongono di numerose armi per difendersi. Ci vorrà del tempo per vederne la fine, ma questa mi sembra ineluttabile.

Alessandra Cenerini: Cantato il requiem, che cosa succederà dopo? Quali modelli prenderanno il posto dei sistemi scolastici attuali, peraltro molto invasivi. Quali scenari prefiguri in un futuro abbastanza ravvicinato?

Norberto Bottani: Mi chiedi come sarà la scuola del futuro. Non mi sembra che per il momento ci siano modelli che si impongano chiaramente e che siano tali da ottenere l’adesione della maggioranza. Il tentativo più originale per uscire dai sentieri battuti e per proporre un modello di servizio scolastico statale diverso da quello ereditato dalla società rurale e sedentaria dell’Ottocento è quello che il seminario dell’ADi proporrà come scuole a statuto speciale, una bella espressione per qualificare con un unico sintagma l’esperienza delle Charter Schools americane e delle Academies inglesi. Purtroppo, diverse osservazioni e valutazioni seminano il dubbio sulla pertinenza di entrambi i modelli, per cui non si hanno certezze, si procede per tentativi ed errori. D’altra parte le nuove tecnologie digitali, che potranno avere un impatto impressionante sull’istruzione, hanno una storia ancora troppo breve in ambito scolastico per poter dire, dati alla mano, quali scenari apriranno.  Peraltro i sistemi scolastici stanno facendo di tutto per incorporarle e neutralizzarle. Ci sono alcuni modelli alternativi di istruzione fondati sulle nuove tecnologie, ma la loro adozione presuppone lo smantellamento dell’apparato scolastico burocratico che oggi dà da vivere a centinaia di migliaia di persone. Si è pertanto ancora molto lontani dal punto di rottura e dal profilarsi di nuovi orizzonti convincenti per l’istruzione delle nuove generazioni.

Alessandra Cenerini: E veniamo all’ultimo capitolo. Abbandoniamo la parte visionaria e ritorniamo all’oggi. Che cosa si può fare nell’immediato perché questo sistema, che non ha retto l’invasione della scuola di massa, non continui a respingere migliaia e migliaia di ragazzi?

Norberto Bottani: Mi chiedi in breve quale via d’uscita onorevole si possa proporre al servizio scolastico statale. Vorrei sintetizzare le proposte con una sola espressione: “pedagogia della povertà”. Con questo concetto indicherei due piste. La prima consiste nell’offrire a tutti i membri delle giovani generazioni un’ istruzione universale comune, un’istruzione minima, ed è per questa ragione che la chiamerei povera, ma acquisita da tutti nessuno escluso. Poco importa l’età alla quale questo “zoccolo comune di competenze conoscenze” sia conseguito. Si potrebbe convenire sull’opportunità che questo patrimonio collettivo comune di conoscenze e competenze sia acquisito prima di qualsiasi studio specialistico e prima di qualsiasi tipo di istruzione e formazione professionale.  Poco importa però l’età alla quale si arriva a questo punto che dovrà essere verificato da apposite valutazioni. Quel che conta è l’obiettivo, ma per fare in modo che tutti lo raggiungano occorre sapere essere modesti, essere esigenti e giusti. La seconda pista della pedagogia della povertà potrebbe contemplare l’abbattimento di un pilastro che, apparentemente democratico continua a creare enormi disparità: l‘universalità delle prestazioni, vale a dire l’accesso gratuito per tutti alla scolarizzazione. Questo pilastro ha in realtà penalizzato i poveri. Una percentuale assai rilevante delle nuove generazioni non riesce nel corso dell’istruzione obbligatoria a valorizzare le proprie competenze e a potenziare la propria personalità. E allora chi ha di più deve pagare il servizio, garantendo a chi ha di meno ottime scuole e bravi insegnanti. Questa è la sfida che si presenta ai sistemi scolastici statali o pubblici che siano. Poco importa, mi sembra, se si dovrà sacrificare o rinunciare all’universalità delle prestazioni per dedicare molta più attenzione alla popolazione diseredata che nei sistemi scolastici statali attuali soffre ed è irrimediabilmente marginalizzata.

Alessandra Cenerini: Grazie Norberto, riprenderemo questa interessante discussione nel corso delle tre sessioni del seminario Il tallone di Achille. Appuntamento dunque a Bologna l’1 e il 2 marzo 2013

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