Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Una nuova agenda europea per asilo e immigrazione

a cura di in data 2 Maggio 2014 – 23:04

Centro in Europa, numero 2 / 2014 – Le tipologie individuali e sociali delle migrazioni mutano, ma rimane il dato della crescita dei flussi migratori: i migranti nel mondo sono 232 milioni, negli ultimi 13 anni sono aumentati di 57 milioni. L’Europa accoglie il 31,3% dei migranti del mondo, ed è a sua volta l’area di origine di un altro 25,3%. Il continente più “mobile” è l’Africa, soprattutto al suo interno, e poi verso l’Europa: gli africani che vivono nell’Unione europea sono 5 milioni, un quinto dei quali in Italia. I fattori di espulsione, soprattutto all’interno di numerosi Paesi dell’Africa sub sahariana, sono la povertà, la guerra e l’instabilità politica, i cambiamenti climatici e i dissesti idrogeologici. La mappa delle rotte migratorie la descrive un’indagine dell’Agenzia Fides del 2009. La tappa intermedia verso l’Europa è il deserto del Sahara: è quasi impossibile, scrive Fides, “stabilire quante persone muoiono ogni anno nel tentativo di attraversare il deserto del Sahara. La località desertica di Agadez in Niger è l’epicentro di questo traffico. Da Agadez, le rotte migratorie si biforcano verso le oasi di Sebha in Libia e verso quella di Tamanrasset nel sud dell’Algeria. Dalla Libia meridionale, i migranti giungono a Tripoli e ad altre città costiere o in Tunisia; dalla costa, gli immigrati effettuano il viaggio in barca verso Malta o le isole italiane di Lampedusa, Pantelleria e Sicilia”. Qui avviene la seconda, tragica, “selezione” dei migranti: secondo studi delle Ong, 16.000 persone sono morte nel Mediterraneo, alle frontiere dell’Europa, tra gennaio 1993 e marzo 2012, da quando gli Stati membri della “Fortezza Europa” hanno messo in campo una politica comune di immigrazione e di asilo basata sulla messa in sicurezza delle frontiere per lottare contro l’immigrazione irregolare. Fino alla strage del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, la più grave.

Dopo di allora ci saremmo aspettati una svolta, che purtroppo manca ancora. Come non condividere le critiche di Grazia Naletto sul numero 9 di www.sbilanciamoci.info? Leggiamole: “L’Europa di oggi è quella che impone a chi è costretto a fuggire dal proprio Paese di chiedere asilo nel primo Paese europeo di arrivo, a meno che non sia provato e documentato che questo non è in grado di accoglierlo. Tutela il diritto d’asilo, ma fino ad oggi ha accolto solo 56.000 degli oltre 2,5 milioni di profughi siriani (la Turchia ne ha accolti 656.000, il Libano un milione). L’Europa di oggi è quella che vincola la ‘cooperazione con i Paesi terzi’ alla sottoscrizione di accordi stringenti sul ‘contrasto dell’immigrazione irregolare’ e che con la ‘direttiva della vergogna’ ha stabilito che è possibile rinchiudere nei centri di detenzione i migranti senza documenti colpiti da un provvedimento di espulsione per 18 mesi. E’, infine, quella che nella Carta dei diritti fondamentali vieta le espulsioni collettive e le discriminazioni etniche e religiose, prevedendo il ‘rispetto delle diversità culturali, religiose e linguistiche’. Ma poi lascia che i singoli Paesi membri possano negare o restringere l’accesso dei cittadini stranieri ai servizi sanitari, assistenziali e previdenziali”. Dopo le tante lacrime per i morti di Lampedusa, l’Europa è ancora quella che stanzia 2 miliardi e 496 milioni per sorvegliare le frontiere grazie al sistema Eurosur e all’agenzia Frontex, ma solo 1 miliardo e 455 milioni per i fondi dei rifugiati e per l’integrazione dei cittadini stranieri. Rispetto agli impegni del vertice europeo di Tampere del 1999, l’arretramento dell’agenda politica e del quadro legislativo e operativo è stato ininterrotto, all’insegna della “svolta sicuritaria”: la dimensione del controllo e del pattugliamento delle frontiere è diventata preponderante, mentre le politiche positive di ingresso, di soggiorno e di accesso alla cittadinanza sono diventate residuali. Anche dopo Lampedusa, la reazione europea ha puntato su Eurosur e Frontex, delegando a una futura discussione il tema di un ruolo politico dell’Europa nel Mediterraneo e di un approccio solidale al tema dell’accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo.
Ma questa discussione non può essere ulteriormente rinviata: va abbandonata la concezione della “Fortezza Europa”, nella consapevolezza che la frontiera mediterranea è frontiera comune dell’Ue, frontiera aperta attraverso cui devono ricominciare a scorrere intensi rapporti politici e culturali tra le due sponde. Il baricentro dell’Ue va spostato verso il Mediterraneo, le cui due sponde vanno progressivamente integrate tra loro: non c’è Europa senza il Mediterraneo, Europa e Mediterraneo si salvano solo insieme. Le elezioni europee consegnano dunque alle forze di sinistra, progressiste ed europeiste il compito di una svolta profonda anche sul versante delle politiche di immigrazione e asilo e della politica euro mediterranea, che deve fondarsi sul rilancio della cooperazione intesa come partenariato tra eguali all’insegna del sostegno ai processi di democratizzazione, della lotta contro la povertà e per un nuovo sviluppo sostenibile dell’Africa. Il Parlamento europeo si è pronunciato a favore della proposta delle Ong perché il 2015 sia dichiarato “Anno Europeo della Cooperazione Internazionale”: ma occorre coerenza, a partire dalla scelta di aumentare e non ridurre i finanziamenti 2014-2020 per la cooperazione.

La questione di fondo è che il Mediterraneo non può più essere considerato un mero problema di polizia frontaliera: l’irrigidimento dei controlli non evita infatti che uomini e donne in fuga dalla miseria e dalle persecuzioni intraprendano rotte sempre più pericolose per tentare di raggiungere una terra che non smette di essere attraente. Ecco perché servono nuove politiche, sia nel campo dell’immigrazione e dell’asilo che nel campo della cooperazione euro mediterranea e tra Europa e Africa. I movimenti antirazzisti e le Ong stanno proponendo in queste settimane ai candidati alle elezioni europee e ai cittadini europei un’agenda di svolta. L’auspicio è che sia condivisa e raccolta da tanti, per costruire un’altra Europa, meno disuguale e più giusta.

Giorgio Pagano
Presidente di Funzionari senza Frontiere e di Januaforum

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