Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
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Presentazione di “Il folle sogno di Neve Shalom Wahat el-Salam. Israeliani e palestinesi sulla stessa terra” e di “Notte a Gaza. Tra droni e asinelli” Venerdì 23 Marzo ore 17 Urban Center

a cura di in data 18 Marzo 2018 – 10:02
Copertine dei libri

Copertine dei libri

Presentazione di “Il folle sogno di Neve Shalom Wahat el-Salam. Israeliani e palestinesi sulla stessa terra” a cura di Brunetto Salvarani e di “Notte a Gaza. Tra droni e asinelli” di Niccolò Rinaldi
Venerdì 23 marzo ore 17 Urban Center

L’Associazione Culturale Mediterraneo ha organizzato un’iniziativa di riflessione sul conflitto israelo-palestinese tramite la presentazione di due libri: “Il folle sogno di Neve Shalom Wahat el-Salam. Israeliani e palestinesi sulla stessa terra” a cura di Brunetto Salvarani, e “Notte a Gaza. Tra droni e asinelli” di Niccolò Rinaldi. Giorgio Pagano, Presidente dell’Associazione e con una lunga esperienza di cooperante in Palestina, ne discuterà con Pietro Lazagna, uno degli autori di “Il folle sogno”, e con Niccolò Rinaldi.

“Il folle sogno” è stato pensato in occasione di due ricorrenze concomitanti: i venticinque anni dalla nascita dell’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam e i vent’anni dalla scomparsa di padre Bruno Hussar, uno dei principali ispiratori della Nostra aetate, il documento del Concilio Vaticano II con cui si riaprivano le porte alle relazioni positive della Chiesa con Israele. Wahat al-Salam – Neve Shalom (WASNS) è una comunità di palestinesi ed ebrei dedicata alla costruzione della pace e dell’eguaglianza in Israele e nella regione. In posizione equidistante da Gerusalemme e Tel Aviv – Jaffa, il Villaggio è stato fondato nel 1970 da padre Hussar su un terreno del monastero di Latrun. La comunità è un modello di eguaglianza, rispetto reciproco e cooperazione che sfida i modelli di razzismo, discriminazione e il conflitto permanente. Ha creato istituzioni educative basate sui suoi ideali e svolge attività incentrate sul cambiamento sociale. Molti membri della comunità lavorano in progetti di pace e riconciliazione.

Il Villaggio è abitato da 60 famiglie e crescerà fino a ospitare 150 famiglie. Nel suo ambito vanno ricordate alcune iniziative di rilievo. In primo luogo la scuola primaria, che è stata la prima scuola bilingue e binazionale in Israele e che dalla fine degli anni Ottanta ha iniziato ad accogliere anche i bambini delle comunità vicine. Oggi il sistema scolastico arriva fino al 6° grado e vi è iscritto un numero uguale di alunni ebrei e arabi. In secondo luogo La Scuola per la Pace (SFP) che è stata fondata nel 1979 come prima istituzione educativa ebrea-palestinese per promuovere un cambiamento su larga scala verso relazioni pacifiche, umane, egualitarie e giuste tra i due popoli. Rilevanti sono anche il Centro Spirituale Pluralistico (PSCC), uno spazio per la riflessione personale e di gruppo, un luogo di studio e incontro, il Nadi, circolo dei giovani, che prepara i giovani della comunità come futuri leader, e il Giardino dei giusti, realizzato grazie al sostegno di un luogo dedicato a onorare la memoria dei giusti e a raccontare le storie di coloro i quali hanno dedicato la propria esistenza a salvare vite umane.

Scrive il curatore del volume, il teologo e scrittore Brunetto Salvarani, presidente dell’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam e docente di missiologia e teologia del dialogo presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, nella prefazione: “Il libro ha l’ambizione dichiarata di colmare un duplice vuoto nell’editoria italiana da una parte, in relazione alla vicenda straordinaria di Hussar, davvero un ‘signore dei sogni’ (ba’al chazon), fra l’altro personaggio centrale nella rinascita di una Chiesa cattolica in lingua ebraica, la Qehillah (oggi vicariato di san Giacomo); dall’altra riguardo al Villaggio della pace, su cui esiste una vasta pubblicistica ma non un testo completo recente in italiano cui poter fare riferimento”.

Nella consapevolezza della complessità dell’impresa, si è scelto di convocare alcuni fra i maggiori specialisti di diverse discipline -ebraistica, dialogo interreligioso, spiritualità, scienza della politica, pedagogia, e così via- italiani e stranieri, che hanno firmato contributi originali, appassionati e aggiornati. Ne è emerso uno sguardo articolato e ricco di spunti utili per riflettere sulla situazione attuale e futura del conflitto israelo-palestinese e del -complicato ma necessario- ‘trialogo’ fra ebrei, cristiani e musulmani. Continua Salvarani: “Vale la pena domandarsi perché Neve Shalom Wahat al-Salam -a oltre quarant’anni dai suoi primi insediamenti- sia ancora, oggi più che mai, necessario… Il primo motivo è che senza la pace tra Israele e Palestina, oggi purtroppo realisticamente così lontana dal realizzarsi, non ci potrà essere pace a livello mondiale. Il secondo motivo è per il messaggio interculturale che ci viene dal Villaggio della pace. In particolare negli ultimi anni e mesi è emersa dalle cronache una vistosa difficoltà in Europa rispetto al tema chiave dell’immigrazione… La terza ragione riguarda il messaggio che proviene da Neve Shalom Wahat al-Salam sul versante interreligioso. Forse è questa la partita più delicata. Hussar, che era una civetta capace di vedere nella notte nonostante il buio pesto, aveva intuito che dalle religioni in quanto tali non fioriscono necessariamente germi di pace ma, spesso, le religioni sono preda e causa di conflitti irrisolti, per cui il fatto di operare insieme nella quotidianità, nel dialogo della vita di tutti i giorni, non è per nulla secondario. Da qui, lo spazio del silenzio, Dumia Sakinah, luogo di riflessione a forma di cupola aperto a tutte le fedi e sensibilità: forse la sua eredità più personale”.

“Notte a Gaza” è invece un libro di appunti di viaggio di Niccolò Rinaldi, che è stato deputato al Parlamento europeo, dove lavora, ed è responsabile dell’informazione dell’Onu in Afghanistan. Scrive l’autore: “Gaza come viaggio nel passato: detriti di guerra. Gaza come viaggio nel futuro: meccanismo di controllo delle masse, da Grande Fratello, laboratorio di esperimenti militari sui civili; e anche cantiere dei fondamentalismi religiosi al potere”. “Frammenti di un’unica notte prolungata, con i suoi incubi, e con i suoi sogni”, raccontati senza fanatismi, per capire, ma con l’indignazione per uno dei grandi scandali del nostro mondo. Dai graffiti lasciati dai soldati israeliani alla paccottiglia nell’ufficio di Arafat, dallo strazio dei corpi innocenti alla ragazza velata che ormai non osa più stringere la mano a un uomo, “Notte a Gaza” è una galleria di personaggi e immagini del nostro tempo. Gaza come metafora della stupidità umana.

Nell’occasione sarà possibile visitare la mostra fotografica di Catherina Unger “L’Africa come in un sogno”.

Pietro Lazagna, uno degli autori di “Il folle sogno di Neve Shalom Wahat el-Salam. Israeliani e palestinesi sulla stessa terra”, Giorgio Pagano, presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo, e Niccolò Rinaldi, autore di “Notte a Gaza. Tra droni e asinelli”, sono stati i protagonisti di un’iniziativa di riflessione sul conflitto israelo-palestinese organizzata all’Urban Center dall’Associazione Culturale Mediterraneo.

Lazagna ha raccontato la storia di Bruno Hussar e dell’”oasi di pace” di Neve Shalom Wahat al-Salam. Bruno Hussar era un domenicano egiziano di origini ebraiche e formazione culturale francese. Forse proprio per questo fu capace di essere -secondo la definizione del suo amico cardinal Carlo Maria Martini- “un profeta di riconciliazione e di pace in Israele”. Hussar costruì, su un’arida collina nella valle di Ayalon, una “terra di nessuno” tra Israele e Giordania, un luogo dove dal 1974 convivono ebrei, cristiani e musulmani. Già nel 1982 il villaggio -che è diventato meta di sosta per tanti agnostici e persone in ricerca- ospita sette famiglie: quattro ebree, due musulmane, una mista ebraico-cattolica e alcuni membri non sposati. Oggi le famiglie sono settanta. I bambini arabi ed ebrei sono educati insieme, grazie a un pionieristico sistema educativo binazionale e bilingue. Il villaggio ospita poi la Scuola per la pace, il Centro spirituale pluralistico di comunità, il Museo della pace e il Giardino dei giusti. “Arabi ed ebrei -ha concluso Lazagna- per millenni hanno dialogato e convissuto: è la prova che la pace è possibile. Il tentativo di Hussar è basato sulla consapevolezza che il conflitto non è tra giustizia e ingiustizia, ma tra due giustizie. Nessuno dei due ha torto. Ma oggi la situazione è grave perché in Israele ha preso il sopravvento il sionismo muscolare, identitario e militarista, mentre in Palestina cresce la spinta fondamentalista di Hamas”.

Giorgio Pagano ha ricordato che altre realtà simili a Neve Shalom Wahad al-Salam tessono il filo del dialogo tra i due popoli: “le donne di Women Wage Peace, i Combatants for Peace, i Parents’ Circle, esperienze di minoranza rispetto al pensiero dominante ma significative, perché sanno vedere lontano”. Per superare il conflitto, ha proseguito, serve “l’avvio di un processo di riconoscimento reciproco, del dolore dell’altro in primo luogo, che è il primo passo verso la riconciliazione”. Occorre abbattere “non solo il Muro di cemento costruito dagli israeliani ma anche il muro interiore, che impedisce le relazioni tra le persone”. Certamente, ha concluso Pagano, “occorre un nuovo ruolo della comunità internazionale, così come un cambiamento della classe dirigente israeliana e di quella palestinese, ma alla radice di deve essere il cambiamento personale e sociale”. La speranza “sta nella mancanza di odio che, nonostante tutto, c’è a Gaza, come testimonia il libro di Rinaldi, nella pratica di convivenza che c’è a Neve Shalom Walad al-Salam, e in tutte quelle esperienze che si sottraggono a un processo di ‘disumanizzazione’ del nemico e di se stessi”.

Rinaldi ha parlato di Gaza come di “un’enormità che è quotidianità”. “Niente è come Gaza -ha detto-, è un luogo inaccessibile: in prigione si può entrare, a Gaza no… Le tecnologie di controllo dell’accesso sono quasi fantascientifiche, poi quando si entra c’è il nulla, un conglomerato di macerie, uno scenario quasi lunare”. Dal punto di vista politico, ha proseguito, “Gaza non ha alleati, Israele ha interesse a che tutto rimanga com’è… la distanza tra Gaza e Cisgiordania e l’occupazione israeliana dei territori palestinesi in Cisgiordania rende impossibile la realizzazione di uno Stato palestinese”. E tuttavia, “Gaza è un laboratorio di resistenza sorprendente”. Nella discussione si è convenuto che la situazione è disperante, e il pessimismo d’obbligo. Ma “tra la tecnologia, che è il punto di forza degli israeliani, e la demografia, il fare tanti figli, che è il punto di forza dei palestinesi, un equilibrio è possibile, sulla strada del riconoscimento reciproco e della riconciliazione”. Che, se non porterà alla formazione di uno Stato palestinese accanto a quello di Israele, potrà forse portare a un unico Stato confederale.

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