Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – Quinta parte

a cura di in data 2 Settembre 2023 – 20:17

Stefano Gabriele Paita, Tribunale civile e penale di La Spezia, Fascicoli processuali, b. 388/II, fasc. 18, sottofasc. 4, ASSP

Lerici In 1° aprile 2023

L’ANTIFASCISMO OPERAIO

L’antifascismo lericino – ne scriveremo anche in una sesta puntata, inizialmente non prevista – era operaio, come quello spezzino e sarzanese: operai socialisti, comunisti, repubblicani, anarchici, del Muggiano, della Pertusola e degli altri cantieri. Con una specificità: la presenza di molti marittimi – a partire da Stefano Gabriele Paita, ucciso dai fascisti alla Serra il 15 febbraio 1922 – legati a una lunga tradizione democratica che risale al Risorgimento e alle Società operaie di mutuo soccorso. Paita, nel 1922, aveva 25 anni: faceva il marinaio sulle navi mercantili ed era infiammato dagli ideali comunisti. Abitava a Lerici, quindi il suo punto di riferimento non poteva che essere Angelo Bacigalupi[1]. Ma per comprendere il personaggio va soprattutto spiegato che apparteneva alla numerosa famiglia dei “Barbantan”, i cui membri “ebbero una vita avventurosa e spesso controcorrente derivante sia da un innato idealismo primitivo sia da un desiderio spontaneo di ribellione e furono marchiati come ‘sovversivi’ o come ‘eroi’”[2].
Sull’antifascismo operaio leggiamo la testimonianza del lericino Tommaso Lupi sull’occupazione del Cantiere Muggiano nel 1920: “Nel Cantiere del Muggiano lavoravano molti operai che abitavano a Pitelli, a San Terenzo e Lerici, e nei paesi sopra Lerici, come La Serra, Pugliola, Solaro. Per quelli di Pitelli era facile alle famiglie degli occupanti portare da mangiare ai loro familiari; ma per quelli del Comune di Lerici la faccenda era piuttosto ardua. Si rimediò in questo modo: uno dei vaporetti di Lerici, che facevano servizio alla Spezia e con gli scali a San Terenzo e Pertusola, di proprietà della Società operaia di mutuo soccorso, aderì alla nostra richiesta e due volte al giorno faceva scalo al Cantiere. Portava quelli che avevano fatto il loro turno di riposo a casa, e imbarcava quelli che avevano finito il proprio turno di lavoro e di guardia. Inoltre per molti che dovevano rimanere alla notte di guardia, venivano con il vaporetto i loro familiari che portavano i ‘fagottini’ con il cibo per la sera e per la notte. Era uno spettacolo veramente commovente vedere la solidarietà delle spose, delle mamme e dei figli con i loro congiunti occupanti il cantiere. Molti i saluti, gli abbracci, le raccomandazioni di stare attenti”[3].
L’antifascismo lericino subì sempre più, dal 1921 in poi, la violenza fascista e la repressione dello Stato.  Dopo i fatti della Serra ci fu un’escalation.

Vittorio Bianchi, Fondo Questura, Archivio Gabinetto, casellario politico, ASSP

Nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1922, in salita Canata, esplose una bomba fuori della casa del vicedirettore della fonderia di Pertusola ed ex sindaco di Lerici Agostino Pagano: “non si esclude – scrisse Il Tirreno – che l’attentato sia stato perpetrato per motivi politici – avendo l’ex sindaco un figlio fascista”[4]. Dopo l’attentato, per diversi giorni, vi furono incidenti tra fascisti e “sovversivi”. Il 6 maggio Il Secolo XIX scrisse che “mercoledì sera a San Terenzo contro la casa di un comunista fu sparato un colpo di rivoltella e ieri sera un fascista nei pressi di Lerici fu fatto segno a diversi colpi da arma da fuoco che fortunatamente non lo colpirono[5]”. Lo stesso giorno Il Tirreno intitolò: Rivoltellate contro un fascista a Lerici, incolpando “persone non residenti a Lerici ma bensì provenienti dai vicini paesi del Romito o della Serra, sempre aizzati da elementi del luogo”[6]. Ci siamo già soffermati, nella terza puntata, sull’aggressione fascista ad Albano e Marcello Gregori il 9 giugno a San Terenzo e sui fatti del giorno prima e di quello successivo. Il 22 giugno Il Libertario scrisse: “Ieri si svolse il processo a carico di due giovani comunisti di San Terenzo, Cresci Giacomo e Lazzari Armando”, a cui erano stati “trovati 100 grammi di dinamite”. Cresci dichiarò “che gli serviva per la pesca”. “La grave condanna – proseguiva il giornale – ha destato enorme impressione, specialmente a San Terenzo, dove i due buoni giovani sono conosciuti e stimati”[7].
Abbiamo già scritto dei fatti avvenuti alla Serra il 9 dicembre 1922 e dell’omicidio dello squadrista Giovanni Lubrano, il 21 gennaio 1923, a cui seguì una feroce rappresaglia.
Il 23 gennaio Il Tirreno, nell’elenco delle vittime, inserì:
“Vittorio Bianchi, di anni 15, da San Terenzo, ferito da armi da fuoco al collo e alla regione mastoidea, ricoverato con prognosi riservata. Il ferito venne raccolto dalle F. A. in località Baracche e dette luogo alla falsa notizia che vi fosse colà un morto. […] Bianchi Elsa, di anni 40, da San Terenzo, ferita alla regione parietale e contusioni al capo, guaribile in giorni 10”[8].
Forse la seconda era la madre del primo.
Nello stesso numero Il Tirreno riportò un trafiletto con il titolo Arresti di sovversivi a Pitelli e a Lerici, con i seguenti nomi “notoriamente conosciuti come sovversivi”: i pitellesi “Pellegri Nello, d’anni 39, Bezzi Pietro, d’anni 35, Bologna Guglielmo, d’anni 25, Munti Ugo, d’anni 31, Garbino Pio, d’anni 38, Signorili Tomaso, d’anni 31, Longarini Alcide, d’anni 25, Mornalini Arturo, d’anni 44, Petruzzi Angelo, d’anni 28” e i lericini “Lara Ruggero, d’anni 36, Pavano Angelo, d’anni 21, Gallegari Angelo, d’anni 33, Menzone  Ruzaneto, d’anni 46, Gattini Primo d’anni 35, Acconti Alfredo, d’anni 28, Benedetti Giuseppe d’anni 28”[9].
Lo stesso 23 gennaio Il Secolo XIX riportò un elenco delle vittime in parte diverso: citava Vittorio Bianchi, con a fianco le identiche parole del Tirreno circa le ferite, non comprendeva Elsa Bianchi, e concludeva con la frase:
“A San Terenzo in località Baracche oggi è stato trovato il cadavere di un giovane non ancora identificato”[10]. Forse fu un errore, come segnalato dal Tirreno, forse la notizia di un morto in più.
Gli elenchi non comprendevano ancora Giovanni Bacigalupi e Paolo Fioravanti Raspolini, i cui cadaveri furono scoperti nei giorni seguenti.

Giorgio Pagano

[1] Giorgio Pagano, Angelo Bacigalupi, intelligenza e passione di un socialista massimalista, Lerici In, aprile, maggio e giugno 2022.
[2] Alberto Incoronato, Dietro la lapide dei Barbantan, Youcanprint, 2020, p. 25.
[3] Brevi note e ricordi personali di Tommaso Lupi sulla occupazione delle fabbriche alla Spezia nel 1920, e specificatamente del Cantiere Navale Ansaldo Muggiano, in Luciano Secchi, Il ‘biennio rosso’ in un centro industriale del Nord (La Spezia 1919-1920), tesi di laurea, Anno Accademico 1970-1971, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Scienze Politiche, p XXXIX.
[4] I particolari sull’attentato di Lerici, Il Tirreno, 3 maggio 1922.
[5] Incidenti tra fascisti e sovversivi, Il Secolo XIX, 6 maggio 1922.
[6] Rivoltellate contro un fascista a Lerici, Il Tirreno, 6 maggio 1922. Vittima dell’agguato fu, scrisse il giornale, “l’operaio fascista Busonero”.
[7] Corrispondenze, Sarzana, Una grave condanna, 20 giugno 1922, Il Libertario, 22 giugno 1922
[8] Punti oscuri sull’assassinio del fascista Lubrano, Il Tirreno, 23 gennaio 1923.
[9] Arresti di sovversivi a Pitelli e Lerici, Il Tirreno, 23 gennaio 1923.
[10] Dopo l’assassinio del fascista Lubrano, Il Secolo XIX, 23 gennaio 1923.

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