Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – Prima parte
Lerici In 1° dicembre 2022
Un episodio emblematico dell’avvento del fascismo: i fatti di San Terenzo del 17-18 Ottobre 1922
La serie degli articoli Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – iniziata con quello in tre puntate Angelo Bacigalupi, intelligenza e passione di un socialista massimalista, pubblicato su Lerici In di aprile, maggio e giugno 2022 – riprende con cinque articoli che raccontano episodi e tratteggiano ritratti riguardanti il fascismo e l’antifascismo lericini del periodo 1919-1922, con riferimenti anche all’inizio del 1923. La base è costituita dalla mole ponderosa dei documenti studiati per il convegno Fascismo e antifascismo delle origini. A cento anni dai fatti della Serra, organizzato da ANPI Lerici il 12 febbraio 2022 – la cui importanza merita la pubblicazione degli atti – e da alcune mie ricerche successive[1].
Il primo articolo è dedicato ai fatti che avvennero a San Terenzo nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1922, davvero emblematici per spiegare la marcia su Roma del 28 ottobre e l’avvento del fascismo.
Quella notte si verificò l’unico caso di scontro tra fascisti e militari avvenuto nella nostra provincia nei giorni precedenti la marcia su Roma. L’episodio, e il modo in cui si concluse il 18 ottobre, fu raccontato nel dettaglio da un alto ufficiale di Marina, l’ammiraglio Vittorio Tur, nel 1939. Tur scriveva da Venezia a un alto gerarca spezzino per chiedere un aiuto per avere il riconoscimento dei suoi meriti fascisti, e allegava un memoriale firmato dal titolo Benemerenze fasciste. Nel testo, depositato presso l’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, Tur narrava di sé in terza persona:
“Nonostante la sua viva raccomandazione ai fascisti di evitare qualsiasi atto ostile verso le Forze Armate e le caserme, alcuni fascisti entrarono nello stabilimento Colombo a San Terenzo, ov’erano alloggiati soldati del genio, e, sorpresili nel sonno, poterono portar via circa 50 fucili. Vi furono colluttazioni senza gravi conseguenze. Il mattino successivo di buonora fu avvertito dal Comandante Dildò che il Comando in capo avrebbe rotto alle ore 8 tutte le relazioni con i fascisti, con evidenti disastrosi risultati. Gli raccomandava di tentare di evitare tanta iattura.
Il Comandante Tur si precipitò al Comando in capo. L’Ammiraglio, che era circondato dal Capo di Stato Maggiore, dal Generale Comandante la Brigata, dal Prefetto e dal Questore, confermò che, dopo quanto era accaduto, avendo i fascisti mancato alla parola, i ponti dovevano essere rotti e che dalle ore 8 le Forze Armate avrebbero agito a qualunque costo. Le Autorità che attorniavano l’Ammiraglio non dissentivano da lui. Con calma il Comandante Tur fece notare all’Ammiraglio che fino allora nella prima Piazza Marittima italiana nulla era accaduto che potesse avere la benché minima ripercussione sfavorevole, soprattutto all’estero, e che sarebbe stato assai grave attuare le decisioni di S.E. Si permetteva far considerare che coloro i quali avevano compiuto l’atto deplorevole a San Terenzo potevano essere comunisti travestiti da fascisti e che la loro azione doveva avere lo scopo non tanto di rifornirsi di armi, quanto di far nascere quello che sarebbe accaduto qualora le disposizioni di S. E. fossero state attuate. Questa frase rasserenò l’ambiente. Fu nominata una commissione mista militare e fascista per compiere un’inchiesta a San Terenzo. Il Comandante Tur ne fu il presidente, con vicepresidente l’ing. Miozzi [segretario provinciale del Partito Nazionale Fascista, NdA]. La commissione tornò verso le ore tredici col risultato che, volutamente per impedire conflitti, confermava la prima supposizione del Comandante Tur e per di più assicurava che entro 24 ore i fascisti avrebbero restituito i fucili”[2].
Tur così concludeva:
“Il giorno dopo il Comandante Tur riusciva a far organizzare una imponente dimostrazione che si recava all’Arsenale ad inneggiare alla Marina. La musica della Marina, in precedenza preparata in Arsenale, ne usciva suonando Marcia Reale e Giovinezza, mentre dai dimostranti partivano potenti grida di Viva il Re! Viva Mussolini! Viva la Marina! […]
Non molto dopo la Marcia su Roma era brillantemente conclusa”[3].
Il racconto di Tur sullo scontro, sulla “montatura” e sull’alleanza tra fascisti e vertici militari è un esempio perfetto di ciò che accadde in Italia esattamente secondo i desideri di Mussolini: una insurrezione sostanzialmente legalitaria, una vittoria politica – e financo parlamentare – sostanzialmente eversiva.
Giorgio Pagano
[1] Il riferimento è ai saggi Con gli Arditi del popolo dove il 1922 non piegò l’antifascismo e La marcia su Roma e le ultime “isole” di resistenza, pubblicati su Patria Indipendente l’8 aprile e il 10 ottobre 2022, e all’articolo La Spezia nei giorni della marcia su Roma, pubblicato su Città della Spezia il 18 e 19 ottobre 2022. Ma il frutto più rilevante del convegno lericino del 12 febbraio 2022 è lo strumento di lavoro Cronologia 1921-1922. Politica e società locale, con qualche cenno regionale e nazionale, pubblicato sul sito dell’Istituto spezzino per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea. Il gruppo di lavoro che vi ha collaborato è costituito da Emanuele De Luca, Simonetta Lupi, Maria Cristina Mirabello, Giorgio Pagano, Tiziano Vernazza. La sintesi e sistemazione della raccolta dati è stata curata da Maria Cristina Mirabello. La Cronologia è un’opera in progress, e quindi ideata per integrazioni documentate nel corso del tempo. A proposito di integrazioni frutto di nuovi documenti, segnalo una mia piccola “scoperta” rispetto a quanto scritto nella terza puntata dell’articolo Angelo Bacigalupi, intelligenza e passione di un socialista massimalista, pubblicata su Lerici In del giugno 2022: vi riportavo una nota della Prefettura di Genova del 3 dicembre 1925 in cui è scritto che Bacigalupi fu liberato dal carcere il 30 aprile 1925 in seguito ad amnistia e ipotizzavo un lapsus, perché l’amnistia del 1925 fu emanata il 31 luglio. In realtà Bacigalupi fu liberato prima del tempo perché nel 1924 beneficiò dei decreti di amnistia e indulto del 22 dicembre 1922, 9 aprile 1923 e 31 ottobre 1923 ed ebbe una riduzione della pena di quattro anni e tre mesi (lo riportò Il Secolo XIX nell’articolo Riduzione di pena dell’ex on. Bacigalupo (sic) del 7 maggio 1924).
[2] ISRSP, Fondo IV. Attività politica bis, Serie 2, Partito Nazionale Fascista (P.N.F.) e Partito Fascista Repubblicano (P.F.R), fasc. 683.
[3] Ibidem.
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