Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – Angelo Bacigalupi, intelligenza e passione di un socialista massimalista – Seconda parte
Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici
ANGELO BACIGALUPI, INTELLIGENZA E PASSIONE DI UN SOCIALISTA MASSIMALISTA
Seconda Parte
Lerici In, 1° Maggio 2022
Dopo i fatti della Serra del 15 febbraio 1922 l’antifascismo lericino fu messo sotto scacco dalla violenza fascista e dalla repressione dello Stato. Non mancò, nella tragedia, qualche episodio divertente, come quello raccontato dal “Libertario” del 16 marzo, in una corrispondenza da San Terenzo datata 11 marzo:
“In questo paese si è scatenata una ributtante reazione fascista – poliziesca. Si può annunciare l’avvenuto matrimonio tra l’elemento fascista e i carabinieri. […] I nuovi ricostruttori e i carabinieri si sono fitti in testa di trovare delle bombe, dei moschetti, della gelatina, ecc. […] Pochi giorni fa i tranquilli cittadini di un paesello vicino a San Terenzo, denominato Bagnola, furono sossopra. Erano arrivati i fascisti ed i carabinieri a fare una perquisizione. Cercavano ancora le… bombe. […] Buttarono all’aria ogni cosa non trovando mai nulla. Ma dentro un fornello videro tre barattoli. […] Ma presi in mano quei tre barattoli rimasero di sasso. Erano, aiutatemelo a dire, erano pieni di… merda mescolata con acqua, che avrebbe dovuto servire da concime per le semenze” .
L’ironia non mancava nemmeno ai fascisti e ai loro sostenitori. “Il Tirreno” del 25 marzo raccontò che le onde sollevate da un cacciatorpediniere si erano rovesciate sulla banchina di Lerici e invaso il mercato, facendo credere a un maremoto:
“In un baleno il mercato s’è spopolato e le donnicciuole si sono riversate, in fuga gridando, verso la Serra. Quegli abitanti, la cui coscienza non è forse molto tranquilla, dopo gli ultimi conflitti, a veder da lontano dirigersi sul loro paese, in fuga, una folla urlante, ha subito pensato a una spedizione fascista e, terrorizzata, s’è data alla campagna commutando il grido d’allarme dei lericini: il maremoto in quello più famoso: i fascisti! I fascisti!” .
Alla Serra avevano però ragione a temere. Dopo i fatti del 15 febbraio si era avviata un’inchiesta a senso unico: il cerchio si stava stringendo attorno al gruppo degli arditi del popolo, in testa Angelo Bacigalupi e Guglielmo Zanello, individuati come i capi. Il 28 marzo “Il Tirreno” pubblicò i nomi di tredici antifascisti denunciati ed arrestati. Bacigalupi si era dato alla latitanza .
In un memoriale del fascista Umberto Cresci, visionato da Alberto Incoronato, l’autore racconta le azioni squadriste del giugno 1922, compiute insieme a Guido Bosero, Dialma Terzi, Augusto Bertozzi e ad altri caporioni del fascismo: “quindi ci recammo alla Serra di Lerici ove dopo vari spari di mitragliatrice e varie legnate si devastò la sezione del Partito Comunista asportando il vessillo e altri oggetti” .
Il 23 agosto Bacigalupi fu catturato a Genova. Secondo “Il Lavoro” l’ex deputato socialista -Bacigalupi non era risultato rieletto nelle elezioni del 1921- fu rintracciato grazie alle ricerche dei fascisti lericini, che si recarono a Genova, scoprirono e circondarono un bar da lui frequentato e lo arrestarono, per poi consegnarlo alle Guardie Regie . Ma in base al verbale della Questura di Genova Bacigalupi fu arrestato su segnalazione di “Giannini Nino di Luigi, di anni 22, da Spezia”, abitante a Genova.
Anche la Serra, “un giorno rocca inespugnabile dell’on. Bacigalupi”, capitolò . Il 27 agosto fu inaugurata la sezione fascista della Serra, presenti Augusto Bertozzi e Orlando Danese. Il discorso del Bertozzi “fu seguito dalla raccolta di nuove adesioni tra i numerosi presenti, in maggior parte contadini” .
Negli atti del processo sui fatti della Serra i fascisti -autori della spedizione squadrista- risultano parte lesa. Il 28 giugno 1923 a Chiavari, in Corte d’Assise, furono condannati Angelo Bacigalupi, Severino Bertella, Italo Mion, Fioravanti Tani e Giulio Zanello. Tredici imputati furono assolti, cinque erano latitanti.
La critica più sferzante al processo fu espressa dallo stesso Bacigalupi in un articolo del 1931, dall’esilio:
“I fascisti, costituitisi parte civile, volevano vendicare il loro morto, un capo squadra caduto in quel cruento conflitto. Del giovane Paita, un lavoratore caduto anch’egli in quel conflitto, per mano dei fascisti, nessuno, ad eccezione di un piccolo avvocatino che faceva le sue prime armi, nessuno se n’era ricordato, né l’autorità di P.S., né il giudice, e tanto meno il presidente delle assisi o il rappresentante l’accusa. […] Il presidente! Quando penso che durante tutto il processo ha fatto l’impossibile per servire il fascismo, a scapito s’intende della giustizia, secondato -bisogna dirlo- dall’ineffabile rappresentante della pubblica accusa, non posso fare a meno di compiangere tutti coloro che sinceramente credevano nell’indipendenza della magistratura italiana ”.
Giorgio Pagano
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