La Resistenza a Lerici /5
La storia di Lina Isoppo e di Alfredo Ghidoni
Lerici In 1° gennaio 2024
Dopo la puntata sulle vicende della Marina Militare, la storia della Resistenza a Lerici riparte dalla tipografia clandestina della Rocchetta – a cui sono state dedicate le puntate di ottobre e novembre – e in particolare, come annunciato, dalle storie di vita di due antifascisti: Lina Isoppo e Alfredo Ghidoni.
Lina nacque il 26 aprile 1909 a Lerici e trascorse l’infanzia e la gioventù a Romito. Sposò Alfredo, operaio meccanico nato a Pagliari il 10 marzo 1909. Si trasferirono al Termo, per essere più vicini alla fabbrica dove lui lavorava, l’OTO Melara. Comunista militante nel partito clandestino fin dal 1931, Alfredo fu arrestato nel 1936, processato dal Tribunale Speciale e condannato a cinque anni di confino nell’isola di Ponza. Qui, alla “scuola del confino”, si formò culturalmente con “maestri” come Giorgio Amendola, Camilla Ravera, Pietro Secchia e Umberto Terracini. Nel 1939 fu trasferito ad Aliano in provincia di Matera, dove rimase circa due mesi, e poi nella vicina Bernalda, fino al termine della pena.
“Mia madre – racconta la figlia Graziella – era una donna determinata che condivideva l’impegno politico del marito, non si lasciò abbattere da questi avvenimenti, seppe affrontare la situazione creatasi con coraggio e raziocinio; la necessità di dover mantenere la famiglia in assenza del marito la spinse a entrare nella stessa fabbrica, l’OTO Melara, dove aveva lavorato mio padre fino all’arresto. Era uno stabilimento che produceva armi e lei, malgrado una forte convinzione pacifista, fu costretta a costruire bombe e a subire i soprusi dei capi di chiara fede fascista”[1].
Dovendo lavorare, non poteva accudire la figlioletta, per cui rientrò nella casa dei genitori, a Romito: da qui ogni giorno Lina andava in fabbrica in bicicletta.
Nel 1939 Lina ebbe il permesso di far visita al marito a Ponza, dove si recò con la bambina. Stettero insieme 15 giorni, Graziella ricorda di avere incontrato Terracini e la Ravera. Lina ottenne di potersi trasferire a Bernalda con Graziella, per riunire la famiglia. Per il mantenimento, Lina avrebbe dovuto lavorare. Lei fin da giovanissima aveva fatto un po’ di tutto, dal raccogliere la legna nei boschi, a lavorare in un pastificio e poi in fabbrica. A Bernalda c’era bisogno di una parrucchiera: Lina non si scoraggiò e imparò il mestiere in una quindicina di giorni dalla sorella del padre. Fece la parrucchiera in tutto il territorio materano, dove conobbe il giovanissimo Rocco Scotellaro, poi celebre scrittore. Dopo un po’ anche Alfredo poté lavorare, nella costruzione della fognatura del paese. Nel 1941 scoppiò un’epidemia di poliomielite, a febbraio Graziella tornò dai nonni a Romito.
Nell’agosto dello stesso anno rientrò a Romito anche Alfredo, scontata la pena. All’inizio Lina rimase a Bernalda per lavorare e guadagnare, tornò solo quando il marito trovò lavoro come fresatore e tornitore da Motosi, un imprenditore che aiutava i lavoratori antifascisti. Nell’estate del 1943 Alfredo e Lina poterono finalmente avere una loro casa e si trasferirono a Lerici, non lontano dai nonni.
La vita di Alfredo a Bernalda ha lasciato dei segni profondi: lo prova il fatto che il Comune, nel 1987, gli intitolò una via cittadina.
Rientrato a Spezia, fu nominato responsabile della stampa e propaganda comunista e, di conseguenza, dell’allestimento della tipografia della Rocchetta, a cui lavorò con i lericini Tommaso Lupi, Argilio Bertella e Armando Isoppo, fratello di Lina.
Ritornerò sulle vite di Lina e di Alfredo nei racconti sul 1944 e sul 1945. Ora soffermiamoci ancora sull’inizio dell’attività della tipografia, leggendo una testimonianza di Armando Isoppo:
“Della tipografia […] era responsabile, come membro del Comitato Federale e addetto alla stampa e propaganda, Alfredo Ghidoni, il quale aveva oltre il compito di procurare il materiale da pubblicare, anche quello dell’approvvigionamento di carta e di tutto quanto era necessario per il funzionamento della tipografia […]. Il lavoro di stampa in tipografia era diretto da Tommaso Lupi che si avvaleva della collaborazione di Argilio Bertella. Il materiale prodotto in tipografia veniva portato in due centri di raccolta nel comune di Lerici, uno in località Venere Azzurra e l’altro in località Martino. Da qui la distribuzione veniva effettuata da attivisti nelle fabbriche della Spezia, della Valle del Magra e nei comuni più importanti della provincia. L’attività della tipografia ebbe inizio nel novembre del 1943 con la stampa di appelli, disposizioni, ordini”[2].
Nella prossima puntata pubblicherò il testo di un volantino del CLN distribuito a Lerici a fine novembre per invitare i giovani a disertare la chiamata alla leva della Repubblica mussoliniana. Molti di quei giovani diventeranno protagonisti della Resistenza armata, insieme ai “vecchi” antifascisti come Lupi e Ghidoni, agli ex militari e agli operai. Questi ultimi, a Lerici, erano soprattutto gli operai del Cantiere Muggiano. Nella prossima puntata racconterò il loro primo grande sciopero, quello dal 7 al 9 gennaio 1944.
Giorgio Pagano
[1] Giorgio Pagano – Maria Cristina Mirabello, Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona operativa, tra La Spezia e Lunigiana, Edizioni Cinque Terre, La Spezia, 2017, p. 141.
[2] La Spezia Marzo 1944. Classe operaia e resistenza. Atti della conferenza “Scioperi del marzo 1944” tenuta nella sala del Consiglio Provinciale della Spezia il 1° marzo 1974, Istituto Storico della Resistenza “Pietro Mario Beghi”, La Spezia, 1976, p. 81.
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