Ricordo di Rino Capellazzi
Spezia’s Confidential, Natale 2014 – Il mio primo ricordo di Rino Capellazzi risale agli anni dal 1965 al 1968, allo stadio Picco. Nel ’65 avevo undici anni, andavo a vedere lo Spezia in tribuna, lui stava poco più dietro di me, nella fila in alto riservata ai cronisti. Poi, il giorno dopo, leggevo la sua cronaca della partita sui giornali. Era un grande Spezia. Nel ’65-66 salimmo in C. Ricordo ancora la formazione: Fusani, Bonvicini, Pederiva, Sonetti, Fontana, Brancaleoni, Convalle, Campi, Vallongo, Castellazzi (sì, proprio lui, “Castello”, ospite di Rino in tante trasmissioni tv molti anni dopo…), Duvina. Gigi Vallongo era il mio idolo. Nelle due annate successive sfiorammo la B. Terzi nel ’66-67, secondi nel ’67-68, dietro al Cesena, che pur battemmo in casa due a zero, con gol di Roffi e Duvina. Giancarlo Roffi aveva sostituito Vallongo, ma non nel cuore di tutti i tifosi. A me e ad altri piaceva, ma non a tutti. Eppure alla fine fece il capocannoniere del campionato. La formazione? Grandini, Memo, Rossinelli, Raschi, Motto, Brancaleoni, Rollando, Giampaglia, Roffi, Desio, Duvina. Da allora, per tanti anni, Osvaldo Motto fu “il capitano”. Ancora oggi, quando lo incontro per strada, lo chiamo così. Di questo Spezia ho parlato con Rino solo molto più tardi, quando lo conobbi: anche per lui erano stati anni indimenticabili.
Rino lo conobbi qualche anno dopo, non allo stadio ma a casa sua, in via Paleocapa. Ero un diffusore dell’Unità, il giornale del Pci. Lo portavamo nelle case la domenica mattina. La mia sezione, la Centro, arrivava a vendere anche 500 copie. Erano i primi anni Settanta. Nel mio giro partivo dalla sezione in via Da Passano, andavo in via Manzoni dal grande giornalista e scrittore Gino Patroni, amico di Rino, salivo poi per via Prione, in casa di grandi pittori come Angelo Prini e Enzo Bartolozzi, e poi di operai, professionisti, pensionati… Fino alla zona della stazione: Rino mi apriva in vestaglia, era molto gentile, accennavamo sempre alla partita che si sarebbe giocata al pomeriggio. Allora il centro storico aveva una composizione sociale più mista, molto più “popolare” di oggi. Finivo il giro al Poggio, quartiere degradato, distrutto nel dopoguerra e poi abbandonato dalla proprietà: lì c’erano i “casini” con le “donnine”, le ultime, parecchio su con gli anni ma sempre attive. Io portavo l’Unità anche a loro, ovviamente a fine giro, perché sapevo che avevano “lavorato” fino a tardi. Spesso le svegliavo, ma erano molto gentili anche loro. Mi offrivano sempre il caffè. Tante persone compravano l’Unità perché stimavano il Pci, non perché fossero comuniste: Rino, per esempio, era un socialista, anche se non gli ho mai chiesto per chi votasse.
Divenni suo amico quando diventai assessore e poi sindaco: gli anni dal 1993 al 2007 furono anni di grande frequentazione tra noi, allo stadio, in televisione, da Carlo il barbiere… Fu al mio fianco nell’impegno per il riconoscimento dello scudetto del ’44. Mi raccontò che da ragazzino aveva atteso il ritorno da Milano di Pilade, lo storico tifoso, per sapere il risultato di Spezia Vigili del Fuoco – Torino. Il suo amore per lo Spezia era infinito. Ricordo la sua gioia e il suo pianto a Padova, il 1° maggio del 2006, quando finalmente salimmo in B. Un’annata bellissima fu anche quella 2001-2002, quando non raggiungemmo la B pur meritandola. La squadra giocò partite passate alla storia. Con Rino vidi, in trasferta, Livorno -Spezia e Lucchese- Spezia, due trionfi: entrambe vinte uno a zero, con gol di Francolino Fiori.
Rino amava lo Spezia ma era anche un grande giornalista, sia quando scriveva, sia quando faceva televisione. Le due cose, il tifo e la professione, non sono in contraddizione. Del resto anche il più grande tra tutti i cronisti sportivi, Nicolò Carosio, non nascondeva il suo amore per la Juve, e ogni tanto nelle radiocronache e nelle telecronache diceva: “Scusate il tifo!”. Rino aveva il dono della sintesi: un dono di famiglia, spiegava, ereditato dalla nonna, che leggeva un libro al giorno e poi lo raccontava benissimo in poche parole. Rino sapeva tutto o quasi: grazie ai suoi legami e alle sue relazioni erano le notizie ad arrivare a lui. Quello che non sapeva te lo carpiva quando gli parlavi o ti intervistava: le sue domande erano briose, divertenti, ma alla fine gli interessava arrivare alla notizia che gli mancava ancora. Aveva una grande capacità di guardare al futuro: fu uno degli inventori della televisione locale a Spezia, con gli altri miei amici Emilio Maneschi e Giorgio Ansaloni, anch’essi scomparsi. Mi ricordo bene Telespezia e poi Teleliguriasud, da padre Dionisio, quindi in via della Canonica, fino alla sede attuale sopra piazza Europa. E poi internet e You Tube, l’invenzione di Cronaca4, l’uso del computer…
Tante altre cose ci sarebbero da dire… Che amava, come me, anche la Juve. Che seppe continuare, con Spezia’s Confidential, la grande tradizione dell’umorismo spezzino. Che era elegante, e gli piacevano le cravatte. Che amava le donne, e dedicava poesie a ogni donna che incontrava. Che era curioso, che amava la vita e gli altri. Rino ci manca. Spero che da qualche parte ci segua, e sia orgoglioso del cammino delle Aquile. Quando io e lui, negli anni Sessanta, tifavamo per lo Spezia di Vallongo neppure ci pensavamo, alla A. Era un obbiettivo, appunto, impensabile. Ora, invece, è a portata di mano. Quando lo raggiungeremo, sarà anche il coronamento di una grande storia passata. E quindi quel giorno dedicheremo la vittoria anche a Rino.
Giorgio Pagano
Popularity: 5%