Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Se il call center diventa modello di un’impresa che mira al bene

a cura di in data 19 Febbraio 2014 – 16:27

La Repubblica – Il Lavoro – 17 febbraio 2014 – “L’impresa è un progetto e una cultura”, ha scritto Arthur Rich in “Etica economica”. Tra gli studiosi italiani dei rapporti tra etica ed economia c’è anche Lorenzo Caselli, una delle teste migliori della Liguria. Leggiamo dal suo saggio “La vita buona nell’economia e nella società”: “L’impresa e il mercato vanno orientati al bene comune. Devono essere funzionali e coerenti con l’integrale sviluppo della persona umana. Ciò non contraddice, ma favorisce produttività ed efficacia del lavoro, anche se ciò può indebolire assetti consolidati di potere… Il profitto è un regolatore importante della vita dell’azienda, ma non è l’unico. A esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali, che nel lungo periodo sono essenziali per la crescita dell’impresa… Rapporti autenticamente umani di amicizia, socialità e reciprocità possono essere vissuti anche all’interno dell’attività economica e non soltanto fuori di essa o dopo”. L’impresa eticamente orientata, che prende sul serio la responsabilità sociale, dunque, è una risorsa preziosa per il bene comune e per il mercato stesso. Aiuta la comunità, ma aiuta anche se stessa.

Ma esiste, nella realtà, l’impresa etica auspicata dal cattolico democratico Caselli e, venticinque anni fa, dal liberalsocialista Norberto Bobbio? Un esempio nella direzione giusta si trova proprio in Liguria. Addirittura in un call center, cioè in un tipo di impresa per anni metafora della precarietà. Umberto Costamagna, spezzino, è il presidente di Call & Call, un’azienda con 60 milioni di euro di fatturato, 2800 dipendenti di cui 2300 a tempo indeterminato, e 6 sedi tutte italiane: La Spezia (la più grande realtà produttiva privata in termini di occupazione), Cinisello, Pistoia, Roma, Casarano in Puglia e Locri in Calabria, dove Costamagna è stato insignito della cittadinanza onoraria. Lui cita sempre il cardinale Tettamanzi: “L’etica applicata all’economia non è un freno, ma un acceleratore. Un comportamento onesto e attento alle persone fa stare meglio i lavoratori, e un lavoratore sereno e soddisfatto fa andare bene un’azienda”. Il suo modello imprenditoriale è interessante, probabilmente unico in Italia. Cattolico, politicamente di sinistra, presidente nazionale di Assocontact Confindustria, Costamagna spiega: “Non faccio altro che applicare nel lavoro i valori di riferimento in cui credo. Le nostre risorse sono le persone. Al centro mettiamo la persona, non il profitto”. E racconta che nelle aziende del suo gruppo ci sono asili nido aziendali, biblioteche gratuite, spazi relax con flipper e biliardini, punti internet free, bar ristoro, accesso al microcredito, gruppi di acquisto solidale per tagliare i costi della spesa per i lavoratori, ambienti accoglienti e trattamenti di rispetto: come l’accordo fatto con i sindacati che prevede che anche le coppie omosessuali che si uniscono in matrimonio nei Paesi dove è consentito possano usufruire del congedo di due settimane previsto dalla legge. La settima sede dell’azienda è in realtà una cooperativa sociale aperta nel carcere di Bollate, dove lavorano circa 50 detenuti come operatori, mentre un’altra quindicina è impegnata a Cinisello. Ora partirà una sperimentazione per conciliare vita personale e lavorativa: i dipendenti potranno scegliere tra una serie di “menù orari”, che renderanno flessibile l’organizzazione dell’azienda assecondando le esigenze di ognuno. Questo percorso, iniziato nel 2002 alla Spezia, è racchiuso in un “bilancio sociale di sostenibilità”, che si propone anche nuovi obbiettivi. Sempre all’insegna di “fare business in modo diverso”. Se lo capissero tutti, questo nostro Paese vivrebbe molto meglio.

Giorgio Pagano

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