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L’outlet a Brugnato è pericoloso ecco le carte che lo bocciano

a cura di in data 5 Dicembre 2011 – 15:25

La Repubblica-Il Lavoro – 5  dicembre  2011 – L’ambiente rischia di scomparire dai radar, soffocato dalla paura dello spread, del default, della crisi. Non solo a livello globale -alla conferenza di Durban sul clima sta succedendo ben poco- ma anche a livello locale. Pure in Liguria, dove il territorio viene sconvolto sempre più spesso dal dissesto. L’esempio più eclatante è la pervicacia con cui una buona parte del mondo politico difende la realizzazione a Brugnato di un’enorme cittadella del commercio: 22.000 mq di esercizi, 2.000 parcheggi. L’assessore regionale all’Ambiente Briano ha proposto, dopo l’alluvione, una ragionevole e dovuta sospensione in salvaguardia di ogni rilevante nuovo intervento edilizio sulle aree alluvionate, in attesa di riformulare i criteri con cui redigere i Piani di bacino. Il Ministro dell’Ambiente Clini ha concordato con lei. Ma il sindaco di Brugnato ha subito reagito firmando il permesso a costruire l’outlet. L’assessore regionale all’Urbanistica Fusco si è recata nell’area e ha dichiarato: “Sono una giurista, bisogna tutelare il rispetto delle norme, cioè i diritti acquisiti di chi ha avuto le autorizzazioni edilizie”.
Bene: tuteliamo “il rispetto delle norme”, ma per davvero. La verità è che, anche senza fare riferimento all’alluvione e alla necessaria riformulazione della pianificazione, quelle autorizzazioni all’outlet non avrebbero dovuto essere rilasciate perché comunque in contrasto con le prescrizioni del vigente Piano di bacino, sovraordinato ad ogni altro strumento di pianificazione, a cui i vari Enti intervenuti nel procedimento autorizzativo, a cominciare dal Comune, avrebbero dovuto fare riferimento. Basta sovrapporre il progetto dell’outlet con la Tav. 4, elemento 03, del Piano di bacino per notare come una parte cospicua dell’edificato ricada in zona esondabile. In queste aree, dicono le “norme da rispettare”, sono consentiti “interventi coerenti con le misure di protezione civile previste”: ma nessun ente vi ha fatto riferimento. Ancora: si specifica “il diniego di concessione per locali interrati o insediamenti ad alta vulnerabilità”, quale è sicuramente un outlet ad elevatissima polarizzazione di utenza. Occorreva, inoltre, sottoporre l’intervento proposto alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Non si può costruire, dunque, una struttura così incongrua con la tutela delle persone e delle cose. Sarebbe un monumento all’imprevidenza e all’arroganza.
I sostenitori vogliono sorpassare “il rispetto delle norme” in nome dello sviluppo. Bisogna reagire nel nome della cultura ambientale, che non è solo “scienza della sopravvivenza” ma anche bussola per la riconversione dell’economia. Una cultura che in Val di Vara contribuisce a salvarci dai disastri e rappresenta un’opportunità unica per promuovere l’occupazione. Serve un grande progetto che coniughi manutenzione del territorio, ritorno all’agricoltura, green economy, artigianato, cultura e turismo. I posti di lavoro sarebbero di più e più qualificati. E’ una svolta per cui non bastano una Regione, una Provincia e un Comune finalmente lungimiranti: serve l’impegno di ciascuno di noi. Dobbiamo tutti diventare “esperti” e partecipare a una grande impresa comune, che riaccenda nelle persone l’entusiasmo, i desideri e la fame di futuro. Da sola la politica non ce la fa. Come scriveva Gianmaria Ortes, economista veneziano del Settecento, “la ricchezza di un popolo è la sua gente”.

Giorgio Pagano

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