Le Province vanno abolite il Pd non deve tentennare
La Repubblica-Il Lavoro – 9 settembre 2011 – Anche il “pasticciaccio” sulle Province ha rivelato quanto il Governo Berlusconi sia confusionario e allo sbando: prima ha proposto l’accorpamento delle Province sotto i 300.000 abitanti, che in Liguria avrebbe comportato l’assurda sopravvivenza della sola Provincia genovese, competente su un territorio coincidente con quello regionale, poi ha rinviato tutto a un disegno di legge di riforma costituzionale per abolire tutte le Province. E’ un iter molto lungo, che si concluderà oltre questa legislatura. Il rischio è che, nel frattempo, un Governo senza forza politica si impantani e finisca per lasciar tutto com’è. Sia il Pdl che la Lega “tengono famiglia” (36 Presidenze il Pdl, 13 la Lega), e le resistenze saranno fortissime. Il problema, invece, è molto serio e non ammette rinvii: il Paese non sopporta più la nostra complessità istituzionale, con i relativi costi.
Anche su questo terreno la destra è di fronte a una sconfitta strategica: si è presentata come chi avrebbe costruito un moderno Stato federalista basato sulle autonomie, ma non ha fatto alcuna opera di riforma e di riordino e ha individuato nelle autonomie solo un costo da comprimere. I livelli istituzionali sono rimasti tutti, sono solo molto più poveri. Il risultato è un federalismo sepolto nell’iniquità di questa manovra, solo di poco attenuata dopo la protesta dei sindaci, e delle due manovre precedenti; e la debolezza di un Paese che, per rinascere e competere, avrebbe bisogno della forza dei suoi territori, che sono invece sempre più snervati.
Come risponde la sinistra a una destra che non sa più che fare? Il Pd resta attestato sulla proposta di un diverso accorpamento, che porti a realizzare Province di 500.000 abitanti: in Liguria nascerebbero la città metropolitana di Genova e due Province, una a Ponente e una a Levante. Una proposta che potrebbe avere un senso (anche se in giro per l’Italia rischierebbe di produrre mostri politici e istituzionali), ma che è del tutto “fuori fase” rispetto alle tendenze dell’opinione pubblica. Per stare “dentro la fase” la sinistra deve avere la forza politica di dimostrare agli italiani che non tutti sono uguali. Altrimenti l’alternativa non ci sarà mai. Il Pd continua a non cogliere l’”attimo” e a sconcertare l’elettorato: è urgente un suo cambio di linea, che lo porti, con Idv, Sel e Udc, a sostenere l’abolizione delle Province e a sfidare il Governo ad attuare quanto finalmente promesso. La tesi dell’abolizione, del resto, ha un senso, e ce l’ha più di tutte le altre.
Intanto perché le Province costano: abolirle porterebbe a un risparmio di 2 miliardi. Ma l’argomento non basta, il problema è se servono. Oggi svolgono alcune funzioni, tra cui quelle del coordinamento di “area vasta”: la questione è vedere chi può esercitarle al loro posto. Pdl e Lega vogliono trasferire tutto alle Regioni. Ma in un Paese con la nostra storia la risposta è sbagliata: alcune competenze, è vero, potrebbero tornare alle Regioni, ma molte dovrebbero passare ai Comuni. Certo, non i Comuni come sono oggi, ma associati nelle Unioni; mentre per le funzioni di “area vasta” basterebbero conferenze dei sindaci dotate del personale necessario.
Né difesa di un sistema indifendibile né picconate a casaccio nel nome della retorica dell’antipolitica, ma impegno per un riordino complessivo dell’architettura istituzionale nel nome dell’efficienza e della riduzione dei costi della politica: oggi il riformismo o è questo o non è.
Giorgio Pagano
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