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La sinistra, i beni comuni e l’occasione delle primarie

a cura di in data 23 Agosto 2011 – 14:43

La Repubblica-Il Lavoro – 23 agosto 2011 – La campagna elettorale, che in Liguria riguarderà il Comune e la Provincia di Genova e il Comune di Spezia (la Provincia chissà…), è ormai vicina. Da dove può ripartire la sinistra ligure? Innanzitutto dagli oltre 700.000 cittadini che a giugno hanno votato sì nei referendum. E poi dalle giornate di luglio a dieci anni dal G8: importanti perché hanno ripreso il filo di un movimento anticipatore (si pensi alla proposta della Tobin Tax da parte della Merkel e di Sarkozy), la cui sconfitta ad opera del neoliberismo ci ha condotto nel decennio peggiore della nostra vita. Fino a un passo dalla bancarotta del Paese e a una manovra che non ha precedenti nella storia repubblicana. Una stangata che comporterà un dramma sociale e istituzionale nelle città: le elezioni amministrative si svolgeranno in questo contesto, e ciò cambierà tutto.
Il sociologo Carlo Donolo lo aveva  previsto qualche mese fa nel suo “Italia sperduta”: siamo poveri collettivamente perché non abbiamo i beni comuni che avremmo potuto avere curandone la riproduzione in passato; abbiamo il debito, e i Governi ci costringeranno a ripianarlo riducendo ancora il patrimonio dei beni comuni. Forse avremo i conti in ordine, ma saremo ancora più poveri di beni pubblici: welfare e scuola smantellati, servizi privatizzati nonostante i referendum,  emigrazione dei giovani, lavoro ridotto a merce, degrado urbano e ambientale. Quale futuro per l’Italia e per le nostre città? Come uscire da questa tragedia? Questo è il tema che deve entrare nell’agenda degli attori politici e nel dibattito pubblico, per suscitare una reazione e una proposta capaci di evitare la “macelleria sociale”. E’ il tema su cui può rinascere una sinistra che tenga fermo il principio di uguaglianza e di difesa dei più deboli e non rinunci a innovare, a occuparsi del parto, così pieno di doglie, di un nuovo modello di sviluppo, e a riavviare un processo di accumulazione di beni pubblici.
Anche nelle città è il tempo di “governare oggi per domani”, con una “visione condivisa” che evochi  una nuova fondazione della cosa pubblica e il primato dell’interesse collettivo. Ma, per far questo, la risorsa principale da cui attingere non è più la politica dei partiti. Essa, da sola, non ce la fa più. Rischia il ruolo di comparsa. Ha davanti una sola possibilità per rianimarsi: attingere alle forme di attivismo sociale, smetterla di guardare con diffidenza tutto ciò che si muove lontano dalla sua sfera di controllo e di accusare di populismo quello che non riesce a capire.
Ecco perché le primarie sono necessarie. Lo ha riconosciuto Lorenzo Basso su “Repubblica”: lo sono perché “i partiti, tutti i partiti, sono in forte difficoltà” e hanno bisogno di “un surplus di democrazia vitale”. Primarie come occasione di elaborazione e mobilitazione collettiva per i beni comuni. Primarie anche là dove, come a Genova e a Spezia, ci sono amministratori che hanno governato per un mandato e legittimamente aspirano a un secondo. Non per delegittimare gli uscenti ma per un grande confronto sul profilo politico e culturale del programma, che non può non essere, in questi tempi di ferro e di fuoco, fortemente innovativo. E che non può essere scritto discutendo tra pochi nelle vecchie stanze ma dialogando tra tanti dentro la piazza, con i cittadini protagonisti.

Giorgio Pagano

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