Il Ponente e la questione morale
La Repubblica – Il Lavoro – 6 Febbraio 2012 – In Liguria l’argomento all’ordine del giorno è ancora la questione morale, per cause molto diverse tra loro ma concomitanti. Abbiamo un triste primato: la provincia di Imperia è l’unica del Nord ad avere due Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, oggi Ventimiglia, nel 2011 Bordighera. Si sta realizzando il piano di Domenico Gangemi, capo della n’drangheta in Liguria, intercettato a Siderno nel 2009: “Siamo tutti una cosa, la Liguria è n’dranghetista, noi siamo calabresi e quello che c’era qui lo abbiamo portato lì”. Il tema è quello del rapporto tra appalti di lavori pubblici e imprese, e delle infiltrazioni nelle amministrazioni pubbliche e tra gli imprenditori. A rischio, lo ha rivelato Repubblica, è ora il Comune di Diano Marina. Le istituzioni e la società civile devono dare una risposta ferma. Il centrodestra, egemone nel Ponente, deve combattere la mafia senza se e senza ma: la composizione delle sue liste alle prossime elezioni amministrative nei due Comuni sciolti sarà la cartina di tornasole. Bisogna, infatti, espellere dalla gestione degli affari e dell’economia sia la mafia che la politica, che spesso “tifa” per singoli competitor nelle gare d’appalto.
Di segno del tutto diverso, ma ugualmente inquietante, la scoperta che un senatore eletto in Liguria, Luigi Lusi, abbia utilizzato13 milioni di fondi dei contributi elettorali di un partito scomparso nel 2007, la Margherita, per fini personali. Gli interrogativi sono tanti. Come è possibile che il leader Francesco Rutelli, poi transitato nel Terzo Polo con l’Api, cointestatario del conto, non si sia accorto di nulla? E che, come risulta dai bilanci, negli anni in cui la Margherita non c’era più spendesse più soldi del Pd per la “propaganda”? Di che? Gli ex “margheriti” oggi nel Pd o con Rutelli hanno il dovere di dissipare ogni ombra circa responsabilità politiche. La vicenda investe infatti le radici di due partiti, Pd e Api.
Le riflessioni da fare sono tante. Il filosofo Carl Schmitt scrisse che quando c’è un potere costituito la vera lotta è per la conquista dell’anticamera del sovrano. La conquistò Lusi con Rutelli, purtroppo anche Penati con Bersani. Come è possibile che uomini che non lo meritavano siano finiti così in alto? Ancora: ho letto che Lusi non si faceva mancare nulla. Autista, tavolo fisso in uno dei migliori ristoranti di Roma, suite presidenziale in albergo… Come ha scritto Anthony Giddens, “se vuoi capire un’evoluzione politica, guarda allo stile di vita dei leader”. La differenza tra centrodestra e centrosinistra vive ancora, ma spesso emerge una contiguità antropologica da parte di chi dovrebbe rappresentare l’antitesi del berlusconismo. Perché è passata l’idea che la ricchezza dimostra la tua bravura: è una delle dolorose verità del riformismo subalterno di questi anni e della sua deriva culturale. I troppi casi singoli coinvolgono un’intera cultura politica, che ha preso tic e vizi del “sistema” al quale ha cercato di uniformarsi.
E il centrodestra? E’ sempre più inguardabile, da Previti in poi. Con tutto quello che ha sulle spalle Berlusconi, come fa a castigare chi se lo meriterebbe? Ma nessun Paese democratico può restare a lungo con la politica e i partiti così screditati. Le regole e le leggi per rimediare sono chiare da tempo, fin da Tangentopoli: vent’anni sono passati invano. I partiti devono cambiare registro: meno soldi, meno spese, controlli della Corte dei Conti sui bilanci, selezione democratica del personale chiamato nelle istituzioni. E ritornare ad essere partiti veri e forti, serbatoi di cultura politica e canali di partecipazione popolare, perché quando la politica è debole prendono la scena corrotti e corruttori. La questione morale si pone quando i partiti diventano mere macchine per il potere, disse Enrico Berlinguer vedendo in anticipo la fine della prima Repubblica. Possibile che la fine della seconda sia ancora peggiore?
Giorgio Pagano
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