Il PD e l’ambiente problema irrisolto. Senza chiarezza scontro inevitabile
La Repubblica – Il Lavoro – 3 Aprile 2013 – Trovo convincente l’analisi di Luca Sabatini su Repubblica: il conflitto tra Marco Doria e il Pd sulla Gronda ha radici molto più solide rispetto al contenuto. L’oggetto della contesa rappresenta solo il terreno sul quale ha luogo il conflitto, mentre la sua risoluzione “passa necessariamente attraverso un percorso più profondo, una trasformazione reale negli elementi che determinano lo scontro stesso”. Bisogna, dunque, andare alle radici di una diversità di visione presente nel centrosinistra genovese e ligure, e ricercare una composizione.
Penso che il nodo di fondo sia il modello di sviluppo. Ho presentato di recente il mio “Ripartiamo dalla polis” a Sestri Levante e a Sarzana: in entrambe le occasioni ho assistito, nel dibattito, alla rottura tra alcune associazioni e il Pd in vista delle elezioni di maggio. Stesso l’oggetto del contendere: l’impatto ambientale di alcuni grandi progetti infrastrutturali, immobiliari e di sviluppo del turismo e del commercio, il grande consumo di terra, di acqua e di aria di un’economia basata sullo spreco sistematico.
Le domande di fondo a cui rispondere sono quelle poste da Andrea Ranieri nel forum di Left “Alla ricerca di un’altra economia”: finita la crisi tutto tornerà come prima e riprenderà la vecchia crescita? La crisi non è forse causata da un modello economico che crea diseguaglianze e spreco di risorse naturali e umane? E allora non occorre distinguere il concetto di crescita, che si misura con il Pil, da quello di sviluppo, che si misura con il benessere reale della popolazione e con la riduzione delle diseguaglianze? In sostanza: non possiamo più crescere quantitativamente, dobbiamo avviare un processo di riconversione ecologica dell’economia e di cambiamento del modello di produzione e di consumo, come condizione per creare nuovo lavoro. In tutto questo centrale è la questione della mobilità: dobbiamo perpetuare il passato -la motorizzazione di massa- o invece promuovere il futuro, cioè il potenziamento del trasporto pubblico, l’intermodalità, il trasporto a domanda e quello flessibile, basato sulla condivisione dei veicoli?
Bisogna chiedersi fino a che punto questa consapevolezza sia presente nel centrosinistra genovese e ligure. Claudio Burlando ha fatto bene a chiamare a discutere di che cosa si può fare per fronteggiare una crisi devastante. Ma la piattaforma “Felici di crescere”, certamente condivisibile, è sufficiente? Molte cose ci sono: c’è la consapevolezza della priorità della ricerca e dell’innovazione per l’industria, così come una maggiore attenzione al “ritorno alla terra” e all’opera di riassetto idrogeologico. Ma altri tasselli mancano ancora. So che è difficile riempirli, ma bisogna provarci. Al Ducale non c’erano le grandi imprese energetiche operanti in Liguria: stanno facendo profitti enormi, ma non reinvestono in ricerca e investimenti innovativi. Mentre dovremmo sostituire i vecchi impianti a carbone con le energie rinnovabili (a quando un nuovo Piano energetico regionale?). Ancora: il tema dell’insostenibilità ambientale e dell’impercorribilità economica dei grandi progetti immobiliari e della centralità della rigenerazione urbana come nuovo volano dell’edilizia stenta ad emergere. Così come il tema della “mobilità sostenibile”.
Per andare alle radici del conflitto sul singolo progetto -la Gronda come altri- occorre essere consapevoli che una fase del modello di sviluppo genovese e ligure si è chiusa e darsi l’obbiettivo di condividere, con una grande disponibilità al cambiamento e all’ascolto reciproco, una nuova visione. In questo quadro ogni conflitto sarebbe più facilmente componibile. Per ora abbiamo solo frammenti di un discorso tutto da costruire, e da riportare ad unità.
Giorgio Pagano
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