Basta cemento. Ora serve un altro modello per la Liguria
La Repubblica – Il Lavoro – 4 Febbraio 2013 – Il vicesegretario del Pd ligure Giovanni Lunardon scrive su Repubblica che è venuto il momento “di costruire in Liguria una nuova classe dirigente e un nuovo modello di sviluppo basati sul coraggio del cambiamento e una profonda innovazione degli strumenti istituzionali e degli assetti sociali ed economici della nostra terra, da tempo ingessati”. Condivido, e aggiungo che un avvicendamento e una rottura possono avvenire solo nei momenti di profondo cambiamento come quello che stiamo vivendo: uno storico passaggio di fase, imposto dalla Grande Crisi, che ci costringe a innovare. In una direzione: uno sviluppo più sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale e una più alta qualità della vita dei liguri.
Ce lo suggeriscono soprattutto i dati reali: l’aumento delle povertà, il consumo di suolo, il dissesto idrogeologico. Ce lo segnala anche il Rapporto di Italia oggi e della Sapienza sulla qualità della vita in Italia nel 2012, che mette a nudo la defaillance delle province liguri, con esclusione di La Spezia, che è al 57° posto: Savona è all’88°, Genova al 92°, Imperia ultima al 103°. Le scelte da fare sono chiare: le persone e i loro bisogni al centro della politica, un nuovo welfare più inclusivo, la qualità al posto della quantità, la riqualificazione al posto dell’espansione, la casa per tutti, i trasporti più efficienti, il rilancio della campagna, il paesaggio come bene comune. Sono scelte su cui si sta lavorando: ma ora serve una visione strategica d’insieme, che coinvolga tutte le energie della Liguria.
La priorità del “bien vivir” non significa decrescita, ma rifiuto della crescita illimitata e impegno per la crescita sostenibile. Un solo esempio: è evidente che il modello di sviluppo delle città liguri degli ultimi decenni non solo non è più attuale, ma non può nemmeno essere riproposto. Uno sviluppo urbano basato sull’incremento della produzione insediativa, sulla crescita dei valori immobiliari, sui progetti di larga scala non è più realistico. Le nuove prospettive di sviluppo urbano fanno invece affidamento sull’evoluzione tecnologica nel campo dell’energia, delle comunicazioni, dei trasporti e sul recupero e la sostituzione del patrimonio edilizio. Progettare la smart city, come sta facendo Genova, è quindi decisivo. Così come bisogna incamminarsi con più determinazione verso il restauro del nostro paesaggio, operazione che durerà a lungo e che dovrà riguardare non solo la collina, o il patrimonio storico, ma anche parti consistenti di quello contemporaneo: il paesaggio dell’età industriale, se abbandonato, non deve diventare waste land, una discarica irrecuperabile. Il che significa che dobbiamo anche produrre nuovi paesaggi, recuperando le aree dismesse e riportando la natura in città con le reti dei percorsi verdi, come stanno facendo tante città nel mondo.
Sono gli obbiettivi della ”Città sostenibile del Mediterraneo”, titolo del libro di Giovanni Spalla, della facoltà genovese di Ingegneria. La ricerca da lui coordinata studia la caratteristica identitaria delle città e dei borghi del Mediterraneo in una successione di epoche storiche e culture diverse, araba, mediorientale, balcanica, occidentale: la matrice comune, rintracciabile ancora oggi in piazze, strade, case e giardini, è la ricerca “ecologica” degli spazi pubblici, della vivibilità e della sostenibilità. La proposta è quella di costruire l’ecocittà mediterranea rielaborando in termini di innovazione tecnologica questa matrice storica. La crisi della città del presente ci spinge a conoscere il passato e a reinterpretarlo, perché la città del futuro non dimentichi gli elementi tipologici che hanno caratterizzato le città mediterranee. Su queste basi potremo riconquistare la qualità della vita che abbiamo perduto, convertire in senso ecologico la nostra economia e creare tanto nuovo lavoro per i giovani.
Giorgio Pagano
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