Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Sbagliato liquidare come amico del nemico chi argomenta contro la soluzione militare

a cura di in data 23 Maggio 2022 – 21:19

Intervista di Roberta Della Maggesa a Giorgio Pagano
La Nazione 24 aprile 2022

Presidente, cos’è la Resistenza oggi e perché continuiamo a celebrarne il valore?
La Resistenza ha un significato centrale nella storia d’Italia: è stata l’unica, vera, lotta democratica e popolare degli italiani. Una lotta vissuta con una varietà di comportamenti: non solo la Resistenza armata, ma anche gli scioperi degli operai, il sostegno dei contadini e delle donne, l’impegno dei sacerdoti, il rifiuto dei militari internati nei campi nazisti di aderire alla Repubblica di Salò, il rifugio dato agli ebrei perseguitati. Fu un processo che non iniziò dopo il 25 luglio 1943, ma aveva alle spalle una lunga storia avviatasi con l’antifascismo delle origini e l’opposizione ventennale al regime fino al progressivo rifiuto, dal 1940, della guerra a fianco della Germania. L’ha spiegato la partigiana Mirella Alloisio in Tv qualche giorno fa: “Sono entrata nella Resistenza perché non ne potevo più della guerra”. Questo processo fu la matrice della Costituzione, non un retaggio del passato ma un progetto per il futuro: ripudio della guerra, dignità del lavoro, lotta alle diseguaglianze.

Ci aiuta a capire meglio la posizione di Anpi rispetto alla guerra ucraina?
L’Anpi ha fermamente condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina, un atto di guerra che nega il principio dell’autodeterminazione dei popoli e che ha fatto precipitare il mondo sull’orlo di un conflitto globale, che potrebbe diventare atomico. Chiediamo il cessate il fuoco e un vero tavolo di trattativa tra le parti. E un’Europa in prima linea per conseguire questi obbiettivi.

Come si spiega la ridda di polemiche che le posizioni espresse dall’Anpi hanno attirato, anche da parte di ambienti ideologicamente vicini?
Nel comunicato in cui condannava l’invasione l’Anpi ha chiesto che l’Italia rimanga fuori da ogni operazione bellica nel pieno rispetto dell’art. 11 della Costituzione, che “ripudia la guerra”. E’ stata questa posizione, unita al rifiuto di aderire alla campagna per l’invio di armi all’Ucraina, a scatenare gli odiatori. Su questo punto si possono avere posizioni diverse. Fanno parte dei grandi dilemmi che lacerano ognuno di noi di fronte a questa guerra. Ma non si può negare legittimità alle ragioni di chi è contrario all’opzione militare. E liquidarlo come “amico del nemico”. Si è perfino oscurato papa Francesco!

Quella dei combattenti ucraini può qualificarsi come una guerra di resistenza? E il nostro ruolo, in questa vicenda, non è assimilabile in qualche modo a quello che le forze alleate hanno avuto durante la seconda guerra mondiale in Italia e negli altri paesi che hanno conosciuto la lotta partigiana?
In Ucraina è in corso una legittima guerra di resistenza. Ma c’è una profonda diversità tra la Resistenza italiana e quella ucraina. La nostra non è stata solo resistenza armata, ma anche sociale, civile e nonviolenta. Inoltre non fu affatto “nazionalista”, ma europea e internazionalista. I termini “patria” e “nazione” nella Costituzione sono usati in modo parsimonioso, per rimuoverne l’abuso strumentale fattone dal fascismo. Non esiste il fenomeno della “resistenza in quanto tale” per definire l’opposizione di un popolo a un’invasione. Le distinzioni sono necessarie per evitare una generalizzazione che fa smarrire l’identità della nostra Resistenza, la sua funzione ideale e civile. Circa gli aiuti militari, il rischio è che alimentino un’escalation bellica in tutto il mondo. Gli antifascisti, uniti, devono chiedere il negoziato.

Quanto sono saldi nel nostro Paese i valori antifascisti? E alla Spezia?
Da qualche settimana ho ripreso il dialogo con gli studenti. Sono molto vitali. Anche se la perdita di socialità, unita alla percezione di un orizzonte chiuso da una crisi senza fine e dalla guerra, ha creato il senso di un’assenza di futuro. Il 25 aprile va colto per colmare questo vuoto. La bellezza civile della ricerca dei valori dà senso alla vita. Quali altri valori abbiamo se non quelli della Resistenza e della Costituzione? Vengo da una manifestazione in piazza Brin. Ho ricordato la nostra Resistenza, quella non violenta delle donne, degli operai, dei contadini, quella internazionale del Battaglione di Gordon Lett e del disertore tedesco Rudolf Jacobs. Il parroco ha letto un volantino stampato in parrocchia il 24 aprile 1945. C’è scritto: “Di guerra sentiamo di non averne più bisogno perché constatiamo dopo la presente che essa non risolve i problemi ma li acuisce e mette la divisione tra i fratelli”. Su questa concezione della Resistenza, che non ne tradisce l’anima, gli antifascisti spezzini sono uniti.

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