Ripartiamo dal recupero
La Nazione – 10 Gennaio 2013 – Due progetti presentati di recente fanno riflettere sull’importanza, anche nella nostra provincia, dell’opera di restauro del paesaggio industriale. Il Comune di Spezia realizzerà la nuova biblioteca, che sostituirà la gloriosa ma ormai inadeguata Beghi, nell’edificio dismesso dell’Atc al Canaletto (per gli spezzini meno giovani meglio noto come area ex Fitram). Un bellissimo, severo contenitore dei depositi della rete tranviaria diventerà un moderno luogo della cultura. Il Comune di Santo Stefano, invece, ha acquistato un capannone dell’ex Ceramica Vaccari, l’edificio di maggior pregio dell’area, per riadattarlo ad archivio storico della fabbrica e a spazio multimediale per l’arte contemporanea.
Sono due esempi che ci fanno capire che la questione del restauro del paesaggio è decisiva per la qualità delle città del futuro, e che essa non riguarda solamente il patrimonio naturale e quello monumentale e storico ma anche il paesaggio contemporaneo, che a Spezia è essenzialmente il patrimonio industriale. Sia chiaro: dobbiamo batterci per mantenere la vocazione industriale e favorire la riconversione, come è accaduto con l’Asg nell’area ex San Giorgio. Ma non sempre ciò è possibile. Bisogna, in questi casi, evitare l’abbandono e il disfacimento e procedere al restauro, che è poi la produzione di un nuovo paesaggio, connesso al passato.
All’estero, del resto, sono molti gli esempi da studiare. E chi ha studiato come il mondo è cambiato può più facilmente formulare ipotesi di successo. A New York la High Line, una ferrovia sopraelevata in disuso, è stata trasformata in parco e rivitalizzata dall’azione dei cittadini e oggi genera anche occupazione. In Germania la grande cultura del’automobile ha generato nuovi progetti, che non sono solo musei della Mercedes o della Porsche, ma vere e proprie agorà, spazi pubblici della cultura. Anche in Italia abbiamo esempi, relativi agli edifici: si pensi al Lingotto a Torino.
Spezia ha potenzialità enormi per diventare “città dell’archeologia industriale”. I fondi degli archivi storici di Marina Militare, Oto Melara, Fincantieri sono di grande interesse. Il recupero del “Filtro”, già della Marina, è un esempio di ciò che si potrebbe fare in molti quartieri. Soprattutto c’è la possibilità di realizzare, dentro l’Arsenale, una “cittadella di archeologia industriale” di rilievo nazionale e internazionale, come ha scritto il Sindaco nel suo programma. Nel ’98 l’allora Direttore Dino Nascetti elaborò il progetto dell’ “Arsenale visitabile”. Cominciammo ad attuarlo con le visite turistiche “in trenino”, poi l’emergenza terrorismo del 2001 bloccò tutto. Ma fu un grande successo: dobbiamo ripartire da lì.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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