Progetti: a decidere sia chi governa, con la partecipazione
La Nazione – 31 Gennaio 2014 – Sulla Nazione l’assessore Tartarini polemizza con me sul tema della partecipazione. L’argomento usato: “il progetto più partecipato degli ultimi anni è quello di piazza del Mercato, un luogo che ha mancato sostanzialmente quasi tutti gli obiettivi iniziali”. Su questo si può discutere: prima c’era una struttura fatiscente e fuori norma, ora c’è un mercato in sicurezza e una piazza per la città. Ma la vera questione che pongo da tempo è un’altra: i concorsi di idee impediscono la partecipazione. Ecco ciò che accomuna vicende pur così diverse come piazza del Mercato e piazza Verdi. E’ vero che prima del concorso di idee di piazza del Mercato si sviluppò un processo partecipativo sulle idee di fondo (che scartò l’idea di interrare il mercato e i parcheggi per avere una piazza pedonale e scelse il mercato di superficie), ma poi il fatto che ci fosse un progetto vincitore ci vincolò moltissimo. Si badi bene: nei concorsi di idee a decidere chi vince sono le giurie di tecnici, non gli amministratori, cioè coloro che rappresentano i cittadini e che essi possono e devono “sorvegliare”. Ecco la questione: io penso che le città non debbano essere abbandonate agli specialisti e che a decidere, alla fine, debbano essere gli amministratori, sulla base di processi partecipativi in cui i tecnici siano “obbligati” al confronto con i cittadini. Quando questo è avvenuto, da piazza Brin al parco della Pianta e a tanti altri casi, i risultati sono stati molto positivi.
Se analizziamo i progetti per piazza Verdi si vede che altri progettisti hanno interpretato gli spazi urbani spezzini in modo ben diverso da Vannetti e Buren: per esempio lo studio Giancarlo De Carlo ha ridisegnato la piazza mantenendo il verde esistente. E se un altro tipo di giuria lo avesse nominato vincitore? Tutto è dipeso dai tre tecnici di quella giuria! Se fossero stati diversi, magari avrebbe vinto De Carlo… E “l’anima più pura della conservazione”, come la chiama Tartarini, sarebbe soddisfatta!
E allora come ne usciamo? Semplicemente decidendo che l’architettura non è una “scienza esatta”, e che il contributo dei cittadini, per il loro patrimonio di esperienza dei luoghi e la loro memoria storica, è decisivo per rendere i progetti più aderenti alla specificità dei contesti territoriali. E quindi migliori.
Ciò vale anche per l’urbanistica. Da Sindaco cercai di coinvolgere i cittadini su tutta la pianificazione, strategica e urbanistica. Ma allora c’erano strumenti “rudimentali”. Ora la partecipazione, che è una vera e propria disciplina, si è dotata di nuovi strumenti di democrazia deliberativa di grande interesse, adottati in tutto il mondo e anche in Italia. Perché non provare anche noi? Dal waterfront all’attuazione del Piano Regolatore del Porto, anch’essa bloccata dall’assenza di dialogo partecipato e dalla guerra giudiziaria, non potremmo che trarne giovamento. Lo scollamento tra cittadini e istituzioni è dilagante: quale rimedio se non la partecipazione?
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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