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Piano strategico da riprendere e primarie indispensabili

a cura di in data 27 Agosto 2011 – 14:45

La Nazione – 27 agosto 2011 – Mi ha colpito che due persone così diverse come Giorgio Bucchioni e Franco Arbasetti, i due “storici” avversari del “fronte del porto”, abbiano adoperato di recente parole simili sullo “spirito” che aleggia in città: circola “un diffuso sentimento di delusione e di sfinimento”, sostiene il primo, mentre il secondo parla di “rassegnazione”. Sono umori che riflettono la realtà: Spezia attraversa una fase difficile. La “grande crisi” l’ha colpita nel pieno di un processo di rinascita, e l’ha fatta tornare indietro. Il rapporto della Camera di Commercio inquieta, soprattutto per il dato sulla caduta dell’occupazione. E’ cresciuta la povertà, come ci spiegano la Caritas e il Sunia. Certo, alcune emergenze sono state risolte (ex San Giorgio), ma altre restano aperte (Baglietto); e se molti vecchi progetti sono a buon punto, altri sono al palo (recupero delle aree militari in primis). Il tutto mentre si profila una manovra gravissima, che colpisce al cuore Comuni già debilitati e smantella quel che resta dello stato sociale e dei beni comuni.
Se ne può uscire solo con una “visione condivisa”: più progetto e più partecipazione. Più progetto perché bisogna affrontare temi nuovi o in forma nuova temi antichi: dare sostanza coerente al nuovo motore urbano, l’economia terziaria e turistica; sostenere le piccole imprese; salvaguardare un territorio a rischio; sviluppare la green economy; rilanciare un’Università in crisi d’identità; uscire dalla tragedia dello stato sociale e dei beni comuni ripensandoli alla radice; costruire la città interculturale… In una parola: Spezia va reinventata, il suo futuro è sempre meno scritto nel suo passato. Più partecipazione: andrebbe ripreso lo strumento del piano strategico, come stanno facendo in Italia molte amministrazioni neoelette. Un piano integrato, che dia un senso ai singoli progetti, e condiviso con gli attori sociali. Una città cresce quanto maggiore è il numero dei cittadini che si riconoscono, perché coinvolti, nella “visione” del suo cambiamento.
L’imminente campagna elettorale dovrebbe avere questa impronta progettuale e partecipativa. Ecco perché le primarie -su candidati e programmi- sono indispensabili, sia per il centrosinistra (che non può usarle caso per caso, secondo convenienza), che per il centrodestra (che per la prima volta ha rotto il tabù). C’è chi obietta, nel centrosinistra, che in questo modo si delegittimerebbero gli amministratori uscenti: ma una sfida progettuale sul futuro non può che far bene a chi governa, tanto più dopo l incomprensibile “rimpasto” in Provincia. C’è poi l’obiezione, trasversale, secondo cui candidati e programmi vanno decisi dai partiti: ma dalla crisi della Seconda Repubblica si esce solo ricostruendo partiti capaci di attivare canali di partecipazione nella società. Le primarie sono uno strumento per rianimare queste radici sociali. O i partiti capiscono che la politica non si esercita solo nel loro recinto e che i cittadini vogliono essere protagonisti, o saranno sempre più sotto schiaffo e screditati.

Giorgio Pagano

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