Perché lasciai la politica di carriera
La Nazione – 24 gennaio 2014 – In una lettera alla Nazione il signor Claudio Calabresi critica il Sindaco e prevede per lui “un ‘brillante’ futuro politico simile a quello del suo predecessore”. Ovviamente sarà il Sindaco a decidere il suo futuro. Se vorrà continuare nel “cursus honorum”, ne ha certamente le capacità. Voglio però spiegare perché la scelta di abbandonare la politica “tradizionale” e la “carriera” -che io feci nel 2007, alla fine del mio secondo mandato, ma che preparai già nel 2005, quando rinunciai a fare il parlamentare- non merita secondo me di essere denigrata. Certo, è poco “brillante”, ma per me è fonte di grande serenità interiore: ricominciare da capo è difficile, ma garantisce la libertà. Si può stare bene con pochi soldi e senza status, ma si vive male senza essere liberi “nella testa”. E forse le mie nuove “avventure” sono anche di una qualche, piccola, utilità politica e sociale. Se parlo pubblicamente di questioni così personali è perché forse aiuta un poco a capire la fase in cui viviamo. Come me tanti, in questi anni, si sono allontanati da una politica “tradizionale” sempre più degradata, e non hanno più trovato nei partiti le ragioni e le motivazioni di quella che si chiamava “militanza”. E come me tanti hanno scelto l’impegno associativo, civico, culturale, riscoprendo una dimensione dell’agire politico basata sulla condivisione amichevole e non sulla competizione astiosa per il potere, sul pensare a se stessi con gli altri e non solo a se stessi. E se fosse questo -aiutare un Sindaco africano o palestinese, accogliere gli immigrati, portare il pensiero critico nelle scuole- l’agire politico più utile oggi, e non il gigantesco chiacchiericcio mediatico del ceto politico in carriera? Lo dico con il massimo rispetto per le persone perbene che hanno scelto di stare nei partiti con l’obbiettivo -quanto difficile!- di cambiarli dall’interno. Perché so che i partiti sono indispensabili per la democrazia. Io stesso cerco di dare una mano, quando posso, alla piccola Sel. Non ho, quindi, certezze. Se non una: oggi la cosa più importante che uno possa fare è tener viva la partecipazione e impegnarsi per cambiare un presente così triste. E che lo faccia là dove lo porta il cuore. Senza preoccuparsi di “brillare” o meno.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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