Lo sciopero e la dura repressione. Quindici operai deportati nei lager
La Nazione 3 marzo 2024
Nella notte del primo marzo i fascisti cercarono gli organizzatori dello sciopero presso le loro case. I primi ad essere incarcerati furono tre operai e un tecnico dell’OTO Melara e nove operaie dello Jutificio.
Il 2 marzo tutte le fabbriche furono invase da decine di militi della Xª Mas, l’OTO dal nucleo AntiSom del Varignano. Ma lo sciopero continuò.
All’OTO si rinunciò a formare una delegazione per andare a trattare la liberazione dei compagni incarcerati: l’arresto dei componenti sarebbe stato certo. Si scioperò anche il giorno dopo, fino alle 14,30.
Anche al Muggiano lo scioperò continuò il 2. La Xª Mas sguinzagliò i suoi militi armati di mitra in ogni reparto e officina, per prelevare gli operai e interrogarli. Tre organizzatori dello sciopero furono arrestati quel giorno, altri riuscirono a fuggire. Gli arresti proseguirono nella notte del 2 presso le abitazioni e la mattinata del 3 in cantiere.
Alle officine Bargiacchi lo sciopero durò fino al 2. Gli arresti furono effettuati in fabbrica la mattina del 3. Alcuni tra gli organizzatori si salvarono perché non si erano presentati al lavoro.
I lavoratori fermati e tradotti in carcere furono 23, quelli arrestati e “messi a disposizione del comando germanico” 15. Tre furono rilasciati, 12 deportati nei campi di sterminio. Solo in tre riuscirono a tornare: Dora Fidolfi dello Jutificio, Ioriche Natali dell’OTO Melara, Mario Pistelli del Muggiano.
Questi i caduti: Oreste Buzzolino (Bargiacchi), Michele Castagnaro (OTO Melara), Armando Cialdini (Muggiano), Umberto Colotto (Muggiano), Filippo Dondoglio (Muggiano), Elvira Fidolfi (Jutificio), Pietro Milone (OTO Melara), Giuseppe Sanvenero (OTO Melara), Giuseppe Tonelli (Muggiano).
La fine dello sciopero fu decisa la mattina del 3 marzo. “Lo sciopero generale è stato un’affermazione e una vittoria dei lavoratori italiani”, recitava il comunicato rivolto alla cittadinanza dal Comitato segreto di agitazione in quella stessa mattina.
Il colpo che i nazisti e fascisti avevano subito era davvero pesante. La repressione antioperaia era stata drammatica: ma quella classe che resisteva aveva ormai assunto, nella società e nella politica, una funzione “nazionale”. Il movimento partigiano ne ebbe un forte impulso. L’assalto al treno di Valmozzola del 13 marzo, con il successivo eccidio dei ragazzi del Monte Barca, e la battaglia del Lago Santo del 19 marzo segnarono due momenti di forte rilievo: fu l’inizio dichiarato della resistenza armata nelle nostre montagne.
Giorgio Pagano
co-presidente del Comitato Unitario della Resistenza
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