Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Piano casa ligure: costruire sì, ma con giudizio

a cura di in data 4 Novembre 2009 – 13:09

Il  Secolo  XIX  4 novembre 2009 – Il Consiglio regionale della Liguria ha approvato il provvedimento che attua l’intesa di aprile tra Stato e Regioni sul “rilancio del settore dell’edilizia”. Alla fine il Consiglio ha sostanzialmente approvato la legge così come era stata proposta dalla Giunta. Con ragione il Presidente Claudio Burlando parla di “equilibrio”: tra le esigenze delle famiglie che vogliono una migliore abitabilità delle loro case, quelle delle imprese che chiedono stimoli alle attività economiche, e l’esigenza di difendere il paesaggio e l’ambiente. Equilibrio, insomma, tra sostegno alla crescita e sua sostenibilità. Sono previste tre fasce, con possibilità di ampliamento delle piccole abitazioni per il 30, il 20, il 10%; la media globale si attesta sul 17%, inferiore al 20 previsto dall’accordo con il Governo. Vengono incentivati gli ampliamenti che garantiscono l’adeguamento alla normativa antisismica e l’installazione di impianti di energia alternativa o il rispetto dei requisiti di rendimento energetico degli edifici. Si poteva, come sempre, fare meglio: ma è vero che, dando un’occhiata alla giungla delle regole regionali sugli ampliamenti di questo Piano casa “federale”, quelle liguri sono tra le meno “generose” e più “restrittive”. Per fortuna, perché il nostro paesaggio è delicato, e così tante ferite ha subito in passato. Così come va sottolineato il legame con gli interventi di riqualificazione energetica, al di là della genericità dell’ “auspicio” governativo. Un legame significativo dal punto di vista ambientale, ma anche perché può diventare il vero volano di sviluppo dell’industria edilizia. Come ha detto Claudio De Albertis, presidente dell’Associazione costruttori di Milano, “i criteri base del costruire o ricostruire devono essere quelli del risparmio energetico e della qualità”.
Il centrodestra ligure è insoddisfatto, evidentemente voleva altro: meno regole e più cemento. E’ la strada scelta dal nostro Paese in questi anni, i cui esiti hanno portato studiosi come Salvatore Settis a definire il paesaggio come “il grande malato d’Italia”. Divoriamo ogni anno 250.000 ettari di territorio. Il rapporto Istat 2007 registra un incremento del costruito di 3,1 miliardi di metri cubi nel decennio 1995-2006, nonché l’evoluzione in senso meramente consumistico del rapporto popolazione-territorio, che va verso “la saturazione territoriale, in nessun caso sostenibile”. Abbiamo coniato il termine “condono edilizio”, che non è traducibile in nessuna lingua moderna conosciuta, e che ha contribuito a distruggere 3.663.000 ettari di territorio negli ultimi quindici anni. L’Agenzia del Territorio ha scoperto nel solo 2008 un milione e mezzo di fabbricati abusivi. Come ha scritto Romano Prodi “la devastazione del territorio sarà ricordata anche tra molti secoli come il documento più buio della realtà italiana di questo dopoguerra…l’azione combinata di speculazione e incultura sta veramente ferendo a morte l’Italia…ci vorranno secoli per rimediare, ammesso che sia possibile”. E il confronto con gli altri Paesi è impietoso: si pensi alle “green belts”, cioè alle cinture verdi a protezione delle città in Gran Bretagna, o al fatto che in Germania il consumo di territorio è pari a un sesto del nostro.
Una situazione così drammatica impone di fermarsi a riflettere, come la Giunta ligure ha fatto. Anche dicendo qualche no e “facendo scelte scomode”, scrive ancora Prodi, che il cittadino può capire a patto che “venga posto di fronte a scelte alternative organiche e coerenti”. Su questo il centrosinistra ha ancora molto da fare. Anche in Liguria. Gli emendamenti presentati da esponenti del Pd al disegno di legge della Giunta, poi ritirati, non hanno aiutato nella definizione delle “scelte alternative” di cui parla Prodi, e hanno alimentato una campagna denigratoria, anche interna al Pd, che si poteva evitare. L’immagine che ne è scaturita è decisamente contraddittoria.
La vicenda rimanda al tema “quale ambientalismo per il Pd”, decisivo per la sua identità, anche se un po’ ai margini del suo recentissimo congresso. Perché la sensibilità ambientale del centrosinistra italiano è meno forte rispetto a quella di altre forze progressiste nel mondo? Pesa l’enorme arretratezza in materia del  nostro centrodestra, ben lontano dalla nuova consapevolezza di leader come Cameron, Merkel, Sarkozy; e una certa subalternità del centrosinistra all’egemonia dell’avversario. Pesa l’ambientalismo minoritario e distruttivo dei Verdi, un partitino ormai personale la cui  residua credibilità è finita con la vicenda dei rifiuti di Napoli, e che viene identificato con una visione settaria e antimoderna, che ha purtroppo appiccicato a tutto l’ambientalismo.
L’ambiente in Italia rischia così di venire stritolato tra due opposti anacronismi: la vecchiezza di un centrodestra che ancora guarda all’ambiente come a un intralcio o a un lusso, e il conservatorismo verde che si batte contro ogni innovazione.
Ecco perché il Pd e il centrosinistra devono innalzare bandiera verde e investire di più sull’ecologia, coniugandola al tema del lavoro. La preoccupazione ambientale è tutt’altro che reazionaria, è una delle grandi conquiste della modernità: nasce dall’intuizione che progresso e sviluppo devono mettere in conto la limitatezza delle risorse naturali. E lo sviluppo sostenibile è un interesse non solo umano ma anche sociale ed economico. Si pensi alla green economy per combattere i cambiamenti climatici. O, per tornare alla difesa del paesaggio, al suo legame con la prospettiva del turismo: lo sviluppo edilizio nei parchi, proposto dal centrodestra ligure, sarebbe un colpo mortale all’ambiente ma anche all’economia.
Insomma, la vicenda del Piano casa ligure, nel suo piccolo, ci fa capire che il Pd dovrebbe salire con decisione sul “treno” dello sviluppo sostenibile, che sarà forza trainante del cambiamento sociale e economico dei prossimi anni.

Giorgio Pagano
L’autore, già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale nell’Anci (associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche)

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