Michelangelo Pistoletto. Un laboratorio di ricerca tra il verde e il mare. Così a Corniglia la creatività diventa corale
Il Secolo XIX nazionale, 24 giugno 2023
Michelangelo Pistoletto cominciò a frequentare Vernazza nel 1965. Conosceva l’artista Alighiero Boetti, che stava a Prevo, sulle alture. Così Pistoletto racconta quegli anni:
«Facemmo, nel 1968, uno spettacolo in piazza e nel Torrione grande, una compagnia di guitti che cantavano e giravano per le strade. C’erano l’artista Maria Pioppi, che da allora è stata la mia compagna di vita, l’attore Carlo Colnaghi, e altri. Avevamo intenti libertari, ci battevamo contro le istituzioni che imprigionano l’individuo. Provenivamo da diverse esperienze artistiche, ci eravamo riuniti nel gruppo “Lo Zoo”, che metaforicamente indicava lo stato di prigione dell’animale uomo quando vuole espandere la sua creatività. Il riferimento era a “L’uomo a una dimensione” di Marcuse. “Lo Zoo” arrivò a Vernazza nell’agosto 1968, lo spettacolo si chiamava “L’uomo ammaestrato”. Un uomo che ha imparato a parlare, leggere, distinguere i colori, a non mordere la testa del suo domatore. Era la parabola dell’alienazione raccontata con il linguaggio popolare dei cantastorie, della commedia dell’arte».
“Lo Zoo” fu una delle espressioni della “rivoluzione culturale” degli anni Sessanta. Le ribellioni politiche ed esistenziali, come il Sessantotto, sono sempre vissute intensamente e sono preparate da – e producono a loro volta – svolte estetiche. La vicenda dello “Zoo” si colloca in quella “rivoluzione” globale: l’Arte povera, il Living Theater, la controcultura musicale, il Nuovo Cinema… La sperimentazione e il confronto tra esperienze diverse, che caratterizzeranno sempre l’opera di Pistoletto, si colgono già allora: il suo è teatro di strada, ma anche mostra, corteo, concerto, film, attività creativa di gruppo…
Il tutto all’insegna dell’utopia dell’annullamento della separazione tra arte e vita. Un’utopia simboleggiata anche dai suoi autoritratti fotografici, che testimoniavano quanto fossero sempre meno definibili i confini tra pubblico e privato. Michelangelo fece ricorso alla tradizione dell’autoritratto per scoprire la sua vera identità, e capì subito quanto era essenziale lo specchio. Senza lo specchio non ci si può vedere e riconoscersi. Fu così che portò lo specchio nella pittura. Non fece più autoritratti. Scoprì che non era solo nello specchio ma con gli altri, e che gli altri erano la sua identità.
Anche la ricerca del coinvolgimento degli spettatori faceva parte di questa utopia. Lo spettatore è il personaggio pistolettiano per eccellenza. Fino alla trasformazione degli abitanti di Corniglia in attori. Seguiamo il racconto di Michelangelo:
«Tra il 1967 ed il 1968 io e Maria prendemmo casa a Corniglia, dove non saliva nessuno, un luogo più tranquillo e riflessivo. Per tutta l’estate del 1969 installammo a Corniglia le attività dello “Zoo”. Era il nostro laboratorio di ricerca, facevamo ogni giorno uno spettacolo quotidiano in piazza, dalle sedici alle diciannove e trenta. L’atto creativo era quotidiano, con la musica, con le azioni. Si stabilì un rapporto straordinario con gli abitanti, come se fossimo una grande famiglia socio-artistica. Le persone di Corniglia esprimevano le loro capacità creative, una creatività continua e corale. Fu anche un progetto politico alternativo di vita comunitaria e di rapporto con la comunità dei residenti. Lo spettacolo si chiamava “L’uomo nero”: era un gioco in cui l’”uomo nero” di turno decideva cosa fare, anche per le azioni del gruppo. Ma “l’uomo nero” era anche l’uomo che disegna un cerchio e vuole uscirne perché ne avverte l’insopportabilità».
Nello “Zoo” c’è tutto il Sessantotto degli inizi, quello in cui covava la speranza, che era la linea teorica del progetto dello “Zoo”. Nello “Zoo” c’era la rivolta etica e libertaria. La ricerca di un nuovo rapporto tra arte e vita era un tutt’uno con quella degli studenti per un nuovo rapporto tra scuola e vita e per nuove relazioni intersoggettive. Un altro tratto comune fu il rapporto tra l’io e il noi: il collettivo era per esistere come persona nuova. Il 2 aprile 1968 Pistoletto stampò un manifesto affisso a Torino, con firma, indirizzo di casa e numero di telefono. Il titolo era: «Pistoletto. Con questo manifesto invito le persone che lo desiderano a collaborare con me alla XXXIV Biennale di Venezia». Il testo diceva: «Io per collaborazione intendo un rapporto umano non competitivo ma di intesa sensibile e percettiva. Cedere una parte di me stesso a chi desidera cedere una parte di se stesso è l’opera che mi interessa».
Il Sessantotto degli inizi era anche amore e ricerca di un nuovo modo di vivere. “We shall overcome” è il solo canto in cui non si leva il pugno e non si battono le mani, perché le mani stringono quelle di chi sta a fianco. Pistoletto scriveva: «Voglio fare l’amore con gli altri». Leggiamo le parole di Sandra Cason e Jane Stembridge, attiviste americane per il movimento dei diritti civili dei neri: «La questione è continuare a vivere nell’isolamento o pensare al plurale. Il movimento degli studenti non è una causa […] e la collisione tra due persone distinte. È come dire “ora vengo a sedermi accanto a te” […] Solo l’amore è radicale».
A Corniglia Michelangelo realizzò uno spettacolo ancora nel 1979, sollecitato dagli abitanti del paese: “Opera ah”. E poi, sempre nel 1979, “Pecora cantata”, sempre con gli abitanti e con un pastore e un gregge di pecore (la musica era di Enrico Rava). Nel 1981 fu la volta di “Anno Uno”.
Pistoletto sostiene che gli anni Sessanta e Settanta furono gli anni decisivi per il suo cammino futuro:
«Il Pistoletto di oggi c’era già allora, lì a Vernazza, a Corniglia: l’interazione tra le diverse arti e la partecipazione delle persone. Furono gli anni del passaggio verso quel rapporto arte-società che ha caratterizzato tutta la mia opera successiva. Lo ’’Zoo’ è l’antefatto di tutto quello che è venuto dopo».
Il progetto di Cittadell’arte a Biella, vera e propria centrale di energia civile, ha il punto di partenza nei quadri specchianti e nell’esperienza dello “Zoo”. È un progetto di collaborazione creativa e di trasformazione personale e sociale. Sempre radicale, sia pure di un radicalismo diverso rispetto alle speranze palingenetiche di allora, più indirizzato alle micro-azioni per cambiare la vita quotidiana.
Giorgio Pagano
I brani del racconto di Michelangelo Pistoletto sono tratti dal libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”.
Popularity: 3%