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Ma quanti paradossi nella riforma Renzi

a cura di in data 12 Settembre 2016 – 20:35

Il  Secolo XIX nazionale 9 settembre 2016 – L’intervista al Secolo XIX di Maria Elena Boschi testimonia il cambio di strategia comunicativa del Governo: dalla richiesta di un plebiscito su Renzi all’affermazione di voler discutere il merito della riforma, per poi snocciolare una serie di parole d’ordine prive però di riscontro nel testo approvato.

La Boschi parla di un “sistema più veloce e più semplice” e del “Senato dei territori”, ispirato alla Costituzione tedesca. Ma la Germania è uno Stato federale con un Senato federale, formato dai capi dei governi delle Regioni. La riforma Renzi-Boschi è, invece, fortemente centralistica e riconsegna allo Stato molte delle funzioni che la Costituzione oggi assegna alle Regioni. Il Senato previsto dalla riforma vorrebbe essere federale proprio mentre si cancella ogni residuo del federalismo; sarà inoltre eletto dai Consigli regionali su liste di partito, e avràquindi un carattere di rappresentanza partitico, non territoriale. Un organo privo di senso, che sarebbe stato più serio abolire.Inoltre con la riforma avremo almeno 8 processi legislativi diversi: un sistema confuso, che renderà molto incerto l’iter delle leggi.Si passerà dal bicameralismo perfetto al bicameralismo imperfetto, con il rischio del caos.

Per la Boschi, inoltre, “riforma costituzionale ed elettorale non sono legate”. In realtà la riforma costituzionale non può non essere esaminata anche alla luce dell’Italicum: l’abnorme premio di maggioranza e il fatto che i deputati siano quasi tutti nominati dà al leader del partito vincente un potere enorme, tale da incidere profondamente sull’equilibrio dei poteri ed a  modificare la forma di Governo in senso “esecutivista”. Ma tutti i problemi del Paese, l’emergenza terremoto in primis, dimostrano come nessuna leadership può operare per il bene del Paese se le regole non impongono limiti al suo potere e controlli su ogni sua decisione.La grande questione sottesa al referendum è quindi questa: democrazia presidenzialista e plebiscitaria oparlamentare e partecipata? Chi ha il potere lo deve avere da solo, senza perdere tempo a discutere con gli altri, o è proprio il dialogo tra diversi il senso stesso della democrazia, la condizione per fare il bene comune?

Giorgio Pagano
Copresidente del Comitato Unitario della Resistenza della Spezia in rappresentanza dell’Anpi

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