La sanità trasparente banco di prova per la politica
Il Secolo XIX – 27 dicembre 2007 – Il dibattito sul rapporto tra politica e nomine nella sanità aperto dal Secolo merita una grande attenzione. L’obbiettivo deve essere quello indicato dal direttore del giornale: far sì che le regole della sanità siano quelle “dei titoli e dei meriti”.
Ho apprezzato che il Presidente della Regione, oltre a difendere il suo operato, abbia annunciato che le nomine ospedaliere dovranno rispondere al criterio della massima trasparenza.
Ritengo, però, che la questione di fondo sia quella di una legge nazionale che fissi nuove regole in materia. Il ministro Turco ha presentato, a questo proposito, un disegno di legge che è sì innovativo ma, a mio parere, in modo ancora insufficiente.
Sono d’accordo con il ministro quando scrive, sul Corriere della Sera, che “la sanità non è e non può essere di assoluta prerogativa dei tecnici”. La politica ha infatti il compito di fissare le linee guida e le strategie per la tutela della salute dei cittadini. Ma poi deve fermarsi laddove subentra la cura dei pazienti, che spetta ai medici.
La figura di raccordo tra la politica e i medici è il direttore generale dell’Asl, che non può che essere nominato dalla politica, cioè dalla Regione, l’istituzione responsabile della tutela della salute dei cittadini. Il punto è il come: bisogna che prevalgano “titoli e meriti”, cioè acclarate competenze professionali. Su queste basi, che a mio parere vanno meglio precisate e chiarite nel disegno di legge, la nomina non può che spettare alla Regione.
Ma ciò che non mi convince è soprattutto quanto il disegno di legge prevede circa le nuove regole per la scelta dei primari. Una commissione ad hoc, composta da primari in ambito regionale, dovrà individuare una terna di candidati, dopo un bando pubblico. Dovrà essere il direttore generale a nominare il primario, tra i tre prescelti dalla commissione. Concordo con Mario Pirani che, su Repubblica, definisce questa procedura “bizantina” e critica il fatto che, alla fine, sia il direttore generale a decidere, perché -in quanto espressione diretta della Regione- è fonte possibile di lottizzazione politica. Io credo che il potere di nomina dei primari vada ben oltre, comunque, il compito istituzionale dei direttori generali, che consiste nell’applicare e controllare i piani sanitari regionali. Per i primari occorrono, invece, concorsi estremamente rigorosi, basati su commissioni esterne alla regione, dotati di regole oggettive, che permettano una classifica certa, accurata, non eludibile.
Ha ragione la Turco quando dice che “le regole,per quanto ben scritte, possono sempre essere aggirate se non ci sono la convinzione e la volontà politiche di porre il merito al primo posto nella scelta delle persone”. Ma questa convinzione e volontà avranno più forza se le regole saranno più stringenti ,cioè se prevederanno concorsi veri e impediranno possibili ingerenze dei direttori generali.
So che c’è chi leggerà questo articolo e dirà: ” è contro la politica”. E’ esattamente il contrario. Oggi c’è sfiducia ai massimi livelli per lo Stato, le istituzioni, i partiti. La fase attuale è di smottamento del rapporto di fiducia tra la democrazia e i cittadini. Ma c’è ancora una possibilità di riscossa della politica, se essa saprà rifondare il suo messaggio e dare segni concreti di cambiamento. La sanità è uno dei banchi di prova più importanti di chi vuole questa riscossa.
Giorgio Pagano
Presidente ANCI Liguria
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