La politica, i cattivi “esempi” e le primarie del PD
Il Secolo XIX – 12 febbraio 2008 – Assistiamo a un grande paradosso: cresce il bisogno di politica, ma la politica conosce la sua crisi più profonda. Il Nobel Joseph Stiglitz ha raccontato così il Forum di Davos 2008: ”avevano l’aria sconfitta coloro che ritengono che a risolvere i problemi del mondo saranno la globalizzazione e l’economia di mercato”. E ha concluso: ”finché non arriveremo a un equilibrio più valido tra mercati e governo, il mondo continuerà a pagare un prezzo alto”. A conclusioni simili giunge Guido Rossi, profondo conoscitore dei mercati contemporanei, che nel suo libro “Il mercato d’azzardo” fa un’analisi del potere assunto, come mai prima nella storia, dalle grandi imprese e lo commenta così: ”Questo cambia tutto, e in primo luogo i rapporti tra politica e economia. La prima non indirizza più la seconda, le obbedisce senza discutere”. Ma l’autore non accetta “la centralità di un mercato totalmente deregolato” e ricerca le leggi e le regole che possono “disciplinare” i mercati, farli diventare ”il luogo della trasparenza e della tutela di tutti,e non quello dell’opacità e del sopruso generalizzato”.
Insomma, come ha scritto anche Saverio Vertone su questo giornale, c’è più bisogno di governo e di politica. Direi di più: sta emergendo in Europa e negli Usa -si pensi alla formidabile marcia del sogno di Obama- un nuovo desiderio di legame sociale, di un mondo più umano, che il meccanismo del mercato -impassibile strumento economico- inevitabilmente ignora.
E tuttavia la politica è in ritardo. Ha perso la fiducia dei cittadini, e in Italia più che altrove. Nell’era della” modernità liquida” di Bauman, in cui i partiti cessano di essere corpi solidi, la politica ha sempre meno presa sulla vita delle persone. Da noi è una patologia: come rivela l’ultimo sondaggio Demos, solo il 7,8% degli italiani ha molta fiducia nei partiti.
Quali sono i rimedi possibili? Bisogna agire sui valori e i programmi, ma anche sui comportamenti.
Valori e programmi: la politica non deve assecondare la tendenza alla mercatizzazione e deve avere una visione della società fondata non sui rapporti di forza del mercato ma sulla solidarietà e l’inclusione. Credo che la sinistra -la mia parte politica- debba riflettere, perché se siamo arrivati a questo arretramento della politica è anche perché una parte della sinistra si è accodata alla tesi neoliberista sull’inefficienza di tutto ciò che è Stato e politica, mentre un’altra sua parte ha troppo indugiato sul ritorno della vecchia invadenza dello Stato. Un duplice errore, perché la destra può pensare solo al business, ma la sinistra ha bisogno vitale di una nuova politica non statalista come grande ambizione al bene comune.
Comportamenti: come scrive Vittorio Foa nel suo saggio “Le parole della politica”, ”la parola <esempio> è la più importante”. Ci sono esempi buoni o cattivi. Foa distingue la “politica dell’esempio” dalla “politica di mestiere”: quest’ultima, del tutto svalutata, va ripensata sulla base della prima, cioè del saper vivere e praticare, non predicare, i valori. Credo, anche qui, che la sinistra debba riflettere, di fronte a ciò che si dice di tutti i partiti: ”i capi fanno quello che vogliono” e ”quando nominano qualcuno non mettono le persone ma gli amici”. Se si dice, vuol dire che ci sono “ esempi” cattivi che lo giustificano. E allora l’attenzione per “esempi” buoni, improntati alla ricerca della partecipazione e alla valorizzazione delle competenze, deve essere forte e continua. Ora il Pd e le altre forze di sinistra hanno due occasioni per dimostrare che si cambia: scegliere i candidati al Parlamento non nel chiuso delle segreterie ma con le primarie, in modo da coinvolgere i cittadini, che nel voto non avranno libertà di scelta; e prendere radicalmente le distanze dal sistema di spartizione partitica della sanità, che il Secolo XIX ha evidenziato per primo e che è poi esploso in Campania e in Calabria, con una proposta netta perché la regola sia sempre quella del merito.
Di fronte allo spirito antipolitico che devasta la coscienza pubblica, alla delusione di tanti per l’esperienza di governo dell’Unione, al disincanto dei ragazzi che oggi non voterebbero bisogna aprirsi alla società, recuperare i valori di partecipazione, libertà, competenza, uguaglianza di tutti i cittadini, e indicare un progetto di futuro che ci coinvolga e ci faccia ritrovare il senso di comunità.
Giorgio Pagano
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