Immigrazione, servono progetti e risorse
Il Secolo XIX nazionale, 4 agosto 2016 – Simone Regazzoni sostiene, a proposito di immigrazione, che la sinistra deve “farsi carico delle ansie e delle paure presenti tra i ceti popolari”.Per una volta concordo con Raffaella Paita: “Le paure dobbiamo capirle, ma non possiamo incoraggiarle… Le risposte a chi ha paura non possono essere di chiusura ma di massima inclusione possibile”. Il nodo di fondo, scrive Luca Borzani, è quello degli “impianti legislativi, educativi, sociali adeguatialla dimensione cosmopolita del vivere”: ma di questo, aggiunge, “per lo più si evita di parlare”. La riflessione su “quale welfare” è invece decisiva. Nessuno deve poter pensare che a chi viene da lontano vengano dedicate più risorse e attenzioni rispetto a chi è sempre stato qui o è qui da tempo. Serve un piano che metta tutti in grado di accedere a una nuova cittadinanza, garantendo standard minimi per casa, lavoro, servizi. Vanno rivisti a fondo i criteri distributivi e le politiche del welfare, per dare giustizia nel nuovo contesto.
Bisogna, inoltre, intendersi su che cosa significa accogliere: non vuol dire solo aprire le porte a chi cerca la propria salvezza nei nostri Paesi, offrire loro tetto e cibo, costringerli a un ozio forzato mantenuti dallo Stato, per poi abbandonarli alla clandestinità: cioè quello che tanto fa arrabbiare chi accanto a loro fatica ogni giorno a sbarcare il lunario. Accogliere vuol dire anche inserire i nuovi arrivati in una rete di rapporti sociali che li metta in condizione di rendersi autonomi, di lavorare, di andare a scuola, di imparare le nostre regole ma anche di trasmettere la loro cultura; e di organizzarsi per contribuire a creare le condizioni di un ritorno per chi lo desidera, e sono molti!, nel Paese da cui sono dovuti fuggire.
Tutto ciò comporta non meno, ma più politiche pubbliche. Non meno, ma più risorse. Il vero tabù è quello della politica economica neoliberista: o lo si affronta o non se ne esce.La sinistra deve tornare al pensiero e all’azione per costruire una sua autonomia culturale e politica, al riformismo -una parola oggi vuota- come attenzione alla vita delle persone per dare vita a una società più giusta.Il padre del riformismo, Filippo Turati, scelse nel 1901 il progetto, assai radicale, di riforma fiscale di Wollemborg, che voleva introdurre il principio della progressività nel sistema tributario. Le risorse si trovano, basta volerlo. Altrimenti la sinistra copia la destra e scompare, perché i cittadini scelgono l’originale.
Giorgio Pagano
Presidente delle associazioni Mediterraneo e Funzionari senza Frontiere
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