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“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Immigrati, la Liguria vada controcorrente

a cura di in data 22 Agosto 2010 – 10:14

Il  Secolo  XIX – 22  agosto 2010 – Il VII rapporto del Cnel sugli “indici di integrazione degli immigrati in Italia” ci consegna un’analisi -e una graduatoria- delle regioni e delle province con condizioni più o meno favorevoli ai processi di integrazione, con particolare riferimento all’inserimento lavorativo e a quello sociale. Nel primo caso tra gli indicatori ci sono l’assorbimento del mercato del lavoro, il reddito da lavoro dipendente, il lavoro in proprio; nel secondo la dispersione scolastica, l’accessibilità al mercato immobiliare, le concessioni di cittadinanza, il coinvolgimento nella criminalità.
L’Emilia Romagna si conferma come la regione con il più alto potenziale di integrazione degli immigrati, seguita da Friuli, Lombardia e Lazio. I valori della Liguria sono pressoché a metà strada: è al dodicesimo posto. Tra le province la prima è Parma, seguita da Reggio Emilia e Vicenza.  Genova è 57^, La Spezia 59^, Imperia 65^, Savona 86^.
Scomponendo il dato finale, notiamo che in Liguria il punto di forza relativamente maggiore è l’inserimento lavorativo (9° posto), mentre quello di debolezza è l’inserimento sociale (14° posto). Genova è rispettivamente al 48°e al 70°, La Spezia al 32° e al 77°, Imperia al 19° all’ 88°, Savona al 35° e al 99°.
Il Rapporto, riferito al 2008, conferma per la Liguria i risultati precedenti: da noi le politiche di accoglienza sono deboli, e per gli immigrati è difficile integrarsi. Va meglio per l’occupazione, ma gli indici sono bassi per la situazione immobiliare e il caro affitti, ma anche per la “devianza”, cioè la percentuale di denunciati. E la situazione è negativa anche per la dispersione scolastica.
La recente ricerca dello Spi Cgil “Nuove e vecchie povertà in Liguria”, realizzata in collaborazione con i centri Caritas, giunge a conclusioni analoghe: in difficoltà ci sono soprattutto molte giovani famiglie immigrate, la cui situazione di indigenza deriva dalla disoccupazione e dal problema della casa. E quando c’è l’inserimento lavorativo, spiegano Cgil e Caritas integrando il Rapporto del Cnel, spesso ci sono precarietà, sfruttamento, mancanza di tutela. Tanti immigrati vivono alla giornata e sono sottopagati, nell’agricoltura come nell’edilizia, nel turismo come nelle ditte industriali che lavorano in subappalto.
Lo stesso” Piano regionale triennale per l’integrazione dei cittadini stranieri immigrati”, approvato dalla Giunta precedente in attuazione della legge regionale del 2007, riconosce nella sua premessa che occorre “colmare il ritardo accumulato nella programmazione delle politiche di integrazione” e “migliorare la capacità di intervento della Regione”. Ora bisogna passare dalle parole ai fatti. La svolta politica è difficile se si pensa ai tagli del Governo alle Regioni, ma è favorita da una crescita di consapevolezza che c’è oggi in molti amministratori locali (spero anche in Liguria). Nella discussione del Rapporto del Cnel sono emersi atteggiamenti positivi verso il fenomeno dell’immigrazione, che finora avevano caratterizzato solo le organizzazioni caritatevoli o sindacali. Si comincia ad avvertire che gli immigrati comportano certamente problemi ma anche forti elementi di vitalità per la nostra società, dal punto di vista demografico come da quello economico e sociale.
Demografia: i 4,3 milioni di stranieri residenti, spiega il demografo Antonio Golini, hanno dato luogo nel 2009 a 94.000 nascite e a pochissime morti. La popolazione italiana nello stesso anno ha dato luogo a 476.000 nascite e a 587.000 morti. Se non fosse per il contributo degli stranieri la nostra popolazione subirebbe un declino accentuato e un invecchiamento ancora più intenso.
Economia e società: per il mercato del lavoro ufficiale il tasso di occupazione dei maschi stranieri è dell’84% contro il 70% degli italiani. Si tratta di almeno 3 milioni di lavoratori immigrati senza i quali molti settori dell’economia sarebbero in crisi profonda. Così come cresce la vitalità imprenditoriale degli immigrati: i piccoli imprenditori sono 250.000, pari al 7,3% di tutte le aziende. E a scuola gli studenti stranieri ammontano a 570.000 unità.
Queste considerazioni valgono ancor di più per la Liguria, così colpita dalla crisi demografica e così bisognosa di forza lavoro straniera, nelle imprese come nelle famiglie. Guai se non avessimo 100.000 immigrati, 21.000 studenti stranieri, 8.000 imprenditori stranieri… Non possiamo proprio fare a meno di loro. Ma non possiamo nemmeno andare avanti senza una politica di integrazione.
Sappiamo qual è l’ostacolo più grande per una svolta politica: l’orientamento di una parte dell’opinione pubblica. Nel 2009, secondo un’indagine del German Marshall Fund, per il 49% degli italiani l’immigrazione costituiva più un problema che un’opportunità. Erano in prevalenza elettori di centrodestra e appartenenti alle classi più svantaggiate, che si sentivano “in concorrenza” con gli immigrati nel lavoro e nei servizi. Ecco perché il compito più importante della politica è “unire gli ultimi”, costruendo una società più giusta per tutti. Tutte le criticità degli immigrati sono criticità della società, che condizionano pesantemente gli stessi cittadini italiani. Una nuova politica sociale, quindi, non serve solo per gli immigrati ma per tutti i più deboli: l’integrazione deve diventare l’opportunità per un cambiamento per tutti. Purtroppo il recente “Piano per l’integrazione nella sicurezza” presentato dal Governo ha tutt’altra filosofia. La Liguria, allora, deve provare ad andare, ci direbbe uno dei suoi figli migliori, “in direzione ostinata e contraria”.

Giorgio Pagano
L’autore si occupa di cooperazione in Palestina e in Africa ed è segretario generale della Rete delle città strategiche; alla Spezia presiede l’Associazione Culturale Mediterraneo.

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