Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Il PD impari da Vendola coerenza e autenticità

a cura di in data 3 Agosto 2010 – 09:43

Il  Secolo  XIX – 3 agosto 2010 – Secondo il sondaggio di Ipr Marketing per Repubblica.it, una rilevazione interna agli elettori del centrosinistra, Nichi Vendola prevarrebbe su Pierluigi Bersani nelle primarie: 51% a 49%. Gli elettori puntano su Vendola anche nella sfida elettorale con Silvio Berlusconi: il presidente della Puglia supera il segretario del Pd ancor più nettamente quando si parla della possibilità di battere il Cavaliere ( 49% a 31%).
Nonostante Bersani sia considerato più affidabile, determinato, preparato e abile nella mediazione, a vincere è Vendola. Cercare di capirne il motivo ci porta alla radice della crisi della sinistra, che è arrivata al punto più basso. Alle nostre spalle ci sono le macerie: della sinistra moderata, sconfitta per il suo riformismo debole, subalterno alla destra, tecnocratico e lontano dalle energie popolari. E della sinistra antagonista, sconfitta per il suo minoritarismo, volto a costruire un’indefinita “società alternativa” e condannato all’inettitudine. Vendola è un postcomunista non subalterno e non minoritario: un leader riformista radicale, non più un leader della sinistra “radicale”.  Che esprime il bisogno di una sinistra nuova, oltre le crisi di quella moderata e di quella antagonista: una sinistra ”maggioritaria” e vincente, ma non perché imita la destra. Una sinistra che sappia trasmettere una visione della società, uscire dall’iperpragmatismo e suscitare emozioni. Una sinistra che esprima la speranza a abbia il segno dell’autenticità. Ecco, questi due concetti, “speranza” e “autenticità”, così poco afferrabili per chi considera la politica solo una “tecnica”, sono la ragione vera della forza di Vendola.
Speranza: i partiti non riescono più a “dare senso” (eppure era questa la parola chiave di Bersani quando vinse il congresso del Pd…), a interpretare la realtà e a delineare il futuro. Silvio Berlusconi e Umberto Bossi forniscono sì delle risposte, ma illusorie: e chi li ha votati se ne sta accorgendo. Ma neanche il Pd di Bersani, finora, ce l’ha fatta. Vendola offre un’idea di società: governo dell’economia, lotta alle diseguaglianze, diritti dell’individuo. Non ha ancora un progetto compiuto, ma esprime la speranza del cambiamento. In questo modo restituisce fiducia a quelli che Ilvo Diamanti definisce gli “esuli” della sinistra, rimette in gioco forze popolari profonde e getta le basi di un patto con tanti giovani, i più combattivi della loro generazione. La speranza è decisiva. E’incomprensibile per molti politici, ma il suo spirito è custodito nella nostra civiltà. E’ una virtù non cancellabile: vivere veramente è sperare. Lo spiega bene il sociologo francese Dominique Moisi nel suo libro “La geopolitica delle emozioni”, che mette l’accento sull’impatto che la speranza avrà, più della fredda ragione geopolitica, sulla governance del pianeta.
Autenticità: come ha spiegato in un saggio Walter Tocci, direttore del Centro riforma dello Stato e deputato del Pd, Vendola è percepito come “autentico” dall’elettorato cattolico, mentre molto meno lo è il Pd, considerato “superficiale” e “momentaneo”. Sono queste le ragioni profonde, prepolitiche e per questo così astruse per i politici, che hanno penalizzato Mercedes Bresso in Piemonte e Emma Bonino in Lazio e premiato invece Vendola in Puglia. L’autenticità è un requisito che non dipende tanto dai contenuti quanto dal modo in cui sono vissuti e rappresentati. Ciò che conta è se un partito o un leader mostra di credere davvero in quello che dice, se lo persegue con coerenza, se impegna tutte le proprie energie per realizzarlo. Non basta, insomma, la tattica politica se non si affronta ciò che viene prima, che Tocci definisce “la dimensione prepolitica della fedeltà a un progetto”: cioè l’autenticità. Il Pd, per esempio, non può dirsi “partito del lavoro” e poi essere così incerto su quanto accade alla Fiat: non appare autentico.
In un saggio sulla “democrazia fragile” il filosofo Remo Bodei  scrive che la politica democratica deve riuscire a riempire e a promuovere il senso della vita: non con il ritorno alle utopie totalitarie  ma con la proposta di un progetto che susciti speranza e sia autentico. Altrimenti, dice, saranno le religioni a rispondere ai bisogni di “verità” e di senso. Vendola, quindi, riempie un vuoto. Sbaglierebbero i dirigenti del Pd a demonizzarlo, perché il loro problema è dare al partito un’identità e una visione forti. C’è molto lavoro da fare, ed è ormai impossibile farlo senza Vendola.

Giorgio Pagano
L’autore si occupa di cooperazione in Palestina e in Africa; è segretario generale della Rete delle città strategiche  e presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

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