Waterfront, la regia spetta al Comune
Il Secolo XIX – 18 gennaio 2009 – Non sappiamo quali saranno le conseguenze della crisi economica nella nostra città. I segnali negativi, a livello nazionale, sono noti: aumento dei disoccupati e della cassa integrazione, difficoltà di accesso al credito, caduta della produzione industriale e dell’attività economica.
E a Spezia? Nei giorni scorsi i sindacati hanno insistito sullo tsunami che potrebbe piombarci addosso, ricordando i primi dati di aumento della cassa integrazione. Il rischio più grosso è un aumento della disoccupazione dovuto al licenziamento di lavoratori non tutelati dalla legislazione e dai sindacati: non solo precari ma anche dipendenti di piccole imprese. L’altro rischio è che il rallentamento dell’attività economica costringa a chiudere molte piccole imprese, come ha sottolineato il loro neonato Coordinamento provinciale.
Commenti più confortanti sono venuti dal Presidente della Camera di Commercio: “l’economia spezzina è costituita da entrate pubbliche e dalle grandi aziende che, almeno nel primo semestre del 2009, non dovrebbero risentire degli influssi negativi”. E dal Presidente dell’Autorità Portuale: “contrariamente agli altri porti, il nostro resisterà”.
Intanto sono arrivati risultati importanti: il Distretto ligure delle tecnologie marine, con sede a Spezia, passa alla fase operativa, grazie ai 27 milioni di euro della Regione e ai 21 milioni del Governo; l’Anas ha bandito la gara d’appalto per il terzo lotto della Variante Aurelia, nel tratto dal Felettino al raccordo autostradale; la Regione ha approvato l’invito a Enti locali e imprese a presentare progetti per lo sviluppo, finanziati con 30 milioni di fondi europei.
Poi c’è stato il colpo durissimo alla ex San Giorgio. Ora occorre dare una continuità industriale all’area e una prospettiva ai lavoratori: è la priorità della città.
Sul rilancio dell’Arsenale e l’utilizzo delle aree militari non più strategiche, il sottosegretario Crosetto ha condiviso le proposte della città e ha detto che a Spezia si sperimenteranno le nuove modalità di dismissione del patrimonio militare. Certezze, però, non ce ne sono ancora.
Le preoccupazioni riguardano anche i ritardi delle opere previste dal Piano regolatore del porto e del waterfront.
Tutti sottolineano l’importanza della nomina, imminente, del Presidente dell’Autorità Portuale soprattutto per il progetto del waterfront, giustamente definito dal sindaco “denso di risvolti sociali, culturali, identitari ed economici rilevanti per la città”. Ma un progetto di questo tipo deve essere guidato e attuato dal Comune, che rappresenta la comunità: non da un ente che deve occuparsi del traffico di merci e container. Le Autorità Portuali devono avere poteri e competenze in materia di porti commerciali, ferma restando la necessità di una intesa sulla pianificazione del territorio con i Comuni; ma non si vede perché debbano avere poteri e competenze in materia di turismo e di attività urbane, come se il loro Presidente fosse una sorta di “sindaco della linea di costa”.
Si risponde che le aree portuali dismesse sono del Demanio, non del Comune. E’ vero, però ora si può cambiare: si sta discutendo la riforma della legge sulle Autorità Portuali. E’ l’occasione, per i Comuni, le Regioni e i parlamentari delle città portuali, così come propone l’Anci, di porre il tema della creazione di strumenti normativi agili per procedere alla sdemanializzazione delle aree portuali dismesse, riconsegnandole alle città e ai loro progetti di sviluppo.
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