Waterfront, ci vuole piena partecipazione
Il Secolo XIX – 15 novembre 2010 – Sul waterfront la discussione continua. Tra il presidente della Provincia e il sindaco c’è stata una polemica aspra, che riassume le diverse opinioni che ci sono in città. “Troppo cemento, dal primo progetto al secondo c’è stato un aumento dei volumi”, ha detto Fiasella. Mentre per Federici “gli spazi pubblici per verde, cultura e spettacolo sono i nove decimi del progetto”. E il sindaco ha aggiunto: “sulla qualità del progetto e sulla partecipazione della città ci sono io come garante”. Ora la scelta della partecipazione va resa concreta, fissando regole chiare e tempi precisi (bastano pochi mesi) per il confronto. Ci sono tante buone pratiche partecipative in giro per l’Italia e per il mondo che si possono adottare, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Chi vuole “una decisione in tempi certi” deve sapere che l’unico modo per averla è proprio questo: le scorciatoie decisioniste sono un’illusione. Aggiungo che se si studiano le esperienze di tutto il mondo si capisce che non c’è waterfront che sia stato realizzato in assenza di un forte processo partecipativo.
Una lettura dei percorsi che hanno portato alla realizzazione del waterfront più famoso, Battery Park a New York, ci è di grande aiuto. Il primo progetto, nel 1969, venne respinto. Il secondo venne approvato solo dieci anni dopo. Perché? Perché il primo progetto non fu per nulla partecipato e perché le divergenze tra Città e Stato di New York bloccarono tutto. Che cosa è cambiato tra il primo e il secondo progetto? C’è stato il coinvolgimento dei cittadini e si è realizzata l’unità tra i due enti. Nel merito, quello che balza agli occhi è il diverso disegno urbano. Il primo fu considerato alieno: “un’astronave atterrata nel cuore di Manhattan”, si disse. L’”astronave” fu smontata in diversi moduli e resa a misura d’uomo, e fu riprodotto un tessuto urbano più omogeneo al resto della città.
La nostra non è un’”astronave”, il nostro compito è molto più facile. Anche perché la partecipazione, in questi anni, c’è stata, e forte è stato il consenso sulle linee generali alla base del concorso di idee. Ma la partecipazione non può non esserci anche nella fase attuativa, sui progetti architettonici. A Torino la città ha discusso mesi sul grattacielo progettato da Renzo Piano. E noi dobbiamo discutere della nuova città, non di un edificio…
Bisogna capire le differenze tra il progetto che vinse il concorso di idee e il masterplan, e il loro perché. E bisogna avere alcune linee guida: il mantenimento evolutivo dell’identità storica della città, cioè il legame tra il rinnovamento urbanistico e il contesto, “la memoria del luogo”; l’originalità del nostro waterfront rispetto agli altri, che va garantita non da un hotel ma da un luogo della cultura legato alla nostra identità marittima; la riconquista sociale di spazi pubblici; la fattibilità economica-finanziaria dell’intervento. Il grande architetto Rem Koolhas ha detto: “da una parte c’è un’architettura prodotta dalla crescita della market economy, che non è fatta per durare; poi c’è un’architettura legata a un’utopia contemporanea: ed è questa che deve essere preservata”. Spezia deve fare di tutto per realizzare un’opera creativa e, come dice il sindaco, “di qualità”: quindi, per dirla con Koolhas, che “duri nel tempo”.
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