Un nuovo rapporto pubblico – privati
Il Secolo XIX – 28 febbraio 2011 – Siamo davvero “ingessati dalla politica” e da “un sistema pubblico che non è uno strumento di crescita”, come ha detto il presidente di Confindustria Enzo Papi nei giorni scorsi? Letti i titoli, pensavo che Papi riprendesse la dura critica al Governo della sua presidente nazionale Marcegaglia: “la politica economica è insufficiente, c’è una totale disattenzione sulla crescita”. Il Paese è davvero in apnea. Le radici sono molte: le crescenti diseguaglianze sociali; la dimensione troppo piccola delle imprese; l’infimo livello delle spese per la ricerca, pubbliche e private. E’ vero, come dice il ministro Tremonti, che non sono i Governi a fare il Pil; ma sono i Governi che potrebbero creare un ambiente favorevole alla crescita. In tre anni, invece, non si è visto nulla. Solo l’attacco al lavoro e all’articolo 41 della Costituzione.
In realtà il bersaglio di Papi è la politica locale: “sono a Spezia dal 1995 e i temi caldi sono sempre gli stessi”, regnano “immobilismo e inefficienza”. La critica è quantomeno ingenerosa. I temi caldi hanno avuto accelerazioni robuste: l’area ex Ip e il Porto Mirabello, che sembravano chimere, oggi sono realtà; il waterfront, da mera aspirazione, è diventato materia del Piano urbanistico, poi del concorso di idee, ora del masterplan. Ancora: al posto dei vecchi cantieri sono sorti Porto Lotti e i moderni cantieri della nautica; una nuova industria sta per sorgere sulle ceneri della San Giorgio; sono arrivati Megacine, My Hotel e Esselunga… Insomma, il pubblico è stato un punto di sintesi e un soggetto attrattore di investimenti esterni (tutti quelli citati, salvo Porto Lotti). La stessa Termomeccanica rinacque certo grazie a Papi, ma anche al Comune e ai lavoratori, che diventarono azionisti. Sempre il pubblico ha realizzato il centro fieristico, la darsena, il centro produttivo di via Fontevivo, i musei, l’Università, il Distretto delle tecnologie marine… E’ vero: tarda l’attuazione del Piano regolatore del porto, ma le responsabilità sono della burocrazia ministeriale e di una guida dell’Autorità Portuale che fu imposta dalla Regione e dal Governo di centrodestra, con l’accordo di buona parte dell’imprenditoria. Ed è vero che la questione del declino dell’Arsenale è uno scandalo: ma va riconosciuto che le soluzioni non sono in mano locale, e che il sindaco ha avviato un’iniziativa forte.
Rivendicare un’azione di governo che ha iniziato a ricostruire le basi economiche della città non significa non vedere il problema della disoccupazione giovanile e non cogliere le sfide aperte. Le cause della bassa crescita nazionale vanno affrontate anche da noi: come rendere la società meno diseguale? Come aiutare le piccole imprese ad aggregarsi? Come sviluppare le strutture del sapere e della ricerca? Quest’ultimo è un tema chiave, quello della creatività: una forte e vivace Università, poli di ricerca e di innovazione produttiva, luoghi di espressione per i giovani, voglia di tentare strade nuove, apertura al mondo. Non abbiamo bisogno di j’accuse, ma di una nuova fase della collaborazione tra pubblico e privato, in cui la ricchezza privata trovi allocazione nell’ingegno e nell’innovazione, piuttosto che nella rendita e nel mercato immobiliare. Accadrà solo se la città saprà rivolgersi al futuro.
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