Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
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Spezia e l’occasione del Mediterraneo

a cura di in data 27 Luglio 2008 – 17:30

Il Secolo XIX – 27 luglio 2008 – E’ nata, per iniziativa della Francia, l’Unione per il Mediterraneo (UpM), l’associazione tra i Paesi europei e quelli che si affacciano sul nostro mare. E’ vero che finanziamenti, sedi, strutture sono da definire, ma una grande idea si è messa in moto.
L’Italia è il Paese mediterraneo per eccellenza, eppure Governo e Parlamento sono stati disattenti. Siamo privi da tempo, del resto, di una visione mediterranea coerente. Ma hanno ragione Gianotti e Vertone sul Secolo XIX: ” non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione che l’UpM  ci offre in termini economici, politici, culturali”.
Il Mediterraneo è una chiave di lettura per capire le sfide che ci attendono: il “mare nostrum” sta diventando il nuovo crocevia mondiale e l’Italia può diventarne il perno. Dal Mediterraneo passa il 15% dei traffici marittimi globali, grazie alla rinata centralità di Suez e alla crescita impetuosa delle economie orientali. Ciò richiede grandi investimenti: porti, logistica, intermodalità, realizzazione di corridoi nord-sud che si leghino ai corridoi est-ovest progettati dall’Unione europea, energia, ambiente, sicurezza. Il documento istitutivo dell’UpM indica alcune priorità. Ora anche il nostro Paese deve fare la sua parte. L’Italia realizza già oggi oltre 50 miliardi di interscambio commerciale con i Paesi mediterranei, ha visto nascere 30.000 nuove aziende che hanno come titolare un ex immigrato dalla sponda sud ed è a sua volta presente in questi Paesi con le sue aziende. Il commercio euromediterraneo crescerà ancora, e così la possibilità per noi sia di attrarre investitori che di investire all’estero.
Ma la questione non è solo economica, è soprattutto politica e culturale. L’Italia ha davanti due alternative: considerare il Mediterraneo la frontiera meridionale dell’Europa, sulla quale attestarsi per difendersi dai flussi migratori e dal terrorismo; oppure pensarlo come una nuova area di pace e  di cooperazione. L’Italia è forte e sicura se è parte e centro di quest’area. E’ debole e insicura se il Mediterraneo è solo una faglia tra civiltà. E ciò vale anche per l’Europa.
La sfida è far sì che il Mediterraneo sia il luogo dove si incontrano Europa e Islam, dove dialogano le culture e le religioni. Il Mediterraneo possiede una speciale vocazione a assimilare, a fondere, a non elevare muri. È stato il mare della mescolanza. Poi, però, è cominciata la convivenza impossibile tra le civiltà religiose: qui c’è stata una mutazione profonda. Ma non dobbiamo considerare conclusa la storia del Mediterraneo. Il suo “spirito” deve aiutarci a trovare risposte: per sottrarre i giovani musulmani ai predicatori d’odio, per costruire due Stati in Palestina, per preservare dal ritorno della guerra civile il Libano delle 18 religioni (la presenza della Siria a Parigi ha significato che essa riconosce il Libano: un fatto storico),  per riunificate Cipro, per portare a successo l’esperimento di convivenza della Bosnia. Senza una pace stabile anche i commerci non si sviluppano. E’ davvero il momento di agire e di costruire, come si è detto a Parigi. Perché il futuro dell’Europa è a Sud, e il futuro dell’Africa è a Nord. Perché è attraverso il Mediterraneo che l’Europa e l’Africa potranno unirsi e tendere la mano all’Oriente e pesare sul futuro del mondo. Malgrado tutto, le alleanze non sono impossibili, così come gli scontri non sono inevitabili. Ma per le alleanze tra le culture e le civiltà non bisogna saltare il punto fondamentale: esse non possono significare l’inserimento coatto -lo ha riconosciuto il ministro Frattini sul Secolo XIX- in un modello dominante, quello dell’espansione illimitata e dello sviluppo insostenibile. Combattiamo l’integralismo e il fondamentalismo altrui se decostruiamo l’integralismo e il fondamentalismo del neoliberismo, la religione del possesso e del consumo. Se pensiamo a una globalizzazione più giusta. Anche l’UpM, se vogliamo che viva davvero, ci spinge a farlo.
E la Liguria? Il centro In Europa ha realizzato una preziosa mappatura delle relazioni euromediterranee della nostra regione. L’interscambio economico e culturale è rilevante ma frammentato: mancano una strategia comune e una regia unitaria. Ecco perché serve, come propone In Europa, un centro di coordinamento e di iniziativa sul Mediterraneo, promosso dalla Regione,  che lavori a una più marcata caratterizzazione dell’identità mediterranea della Liguria e colga la straordinaria occasione rappresentata dall’UpM. In fondo è come ritrovare una vocazione antica: le prime righe del “ Mediterraneo” di  Fernand Braudel non sono forse dedicate alle Cinque Terre e alla Riviera genovese?
Giorgio Pagano
L’autore, già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale allo sviluppo nell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche).

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