Sinistra e eguaglianza il caso di Portovenere
Il Secolo XIX – 9 maggio 2010 – Cgil, Cisl, Sunia e Sicet hanno deciso di promuovere una class action contro il Comune di Portovenere per le norme di assegnazione degli alloggi comunali. Il bando varato esclude chi non risiede nel Comune da almeno dieci anni: per i sindacati è una decisione discriminatoria, che esclude le persone bisognose, in primis gli sfrattati e coloro che non hanno il reddito per pagare un alloggio ad affitto di mercato, a meno che non abbiano la residenza decennale. Stimo il sindaco ma non ho ben capito le sue motivazioni. In ogni caso non riesco a convincermi del fatto che si possa derogare al principio, sancito dall’articolo 3 della Costituzione, dell’eguaglianza delle persone. I diritti appartengono a tutte le persone di un territorio, non a quelle che vi risiedono da dieci anni invece che da nove. Insomma, i diritti fondamentali non accettano restrizioni. Se si deroga anche una sola volta al principio, le conseguenze possono essere devastanti.
Il sindaco si è difeso anche criticando politicamente il suo schieramento: “La Lega ha colmato un vuoto, una riflessione è doverosa: senza sposare il leghismo, certa sinistra farebbe meglio ad essere meno elitaria e più concreta, parlando di più con la gente”. Che la sinistra debba parlare di più con la gente è vero, ma bisogna vedere di che cosa. Secondo me la sinistra perde per una ragione antica: perché ha smarrito la bussola dell’eguaglianza e perché non parla più il linguaggio dell’eguaglianza. Nemmeno l’argomento della concretezza -del pragmatismo, direbbero altri- mi convince: siamo eredi di due decenni pragmatici con il risultato di una sinistra che di troppo pragmatismo è morta, seppellita dalla sua concretezza. La sinistra ha bisogno di identità e idealità, di un disegno per il Paese che abbia al centro l’eguaglianza. Qualche sera fa, in città, Massimo D’Alema ha fatto una battuta significativa: “Puoi perdere le elezioni, e poi vincerle la volta dopo…ma se perdi i principi non vinci più”. E Pierluigi Bersani, rispondendo sull’Unità a una ragazza che denunciava egoismi e disprezzo per i poveri, ha scritto: “Non può esserci una politica progressista senza un’idea e un sentimento di eguaglianza. La comune umanità e dignità degli uomini è la nostra vera cifra”.
Il caso di Portovenere deve far riflettere, e condurci a vedere, e a combattere, i tanti fenomeni, ben più gravi, di diseguaglianza che esistono a Spezia, soprattutto nelle fabbriche. Nel cantiere San Marco sono rimasti 95 dipendenti; il grosso del lavoro operaio viene svolto, 6 giorni su 7, da 123 rumeni, sottopagati da una società che presta manodopera: 5 euro all’ora, contro i 9,30 previsti dal contratto. Negli appalti della Fincantieri ci sono situazioni simili: l’Ispettorato del Lavoro ha sanzionato una ditta spezzina che costringeva 37 lavoratori a lavorare 7 giorni su 7, senza versare loro il dovuto per lo straordinario, le trasferte e il lavoro notturno. Sempre negli appalti della Fincantieri è stato segnalato un nuovo fenomeno di assunzioni a progetto nel settore delle pulizie, con una paga di 300 euro al mese, senza garanzia in casi di malattia. La crisi e la “fame” di lavoro comportano sempre più irregolarità e sfruttamento. Il sindacato deve svolgere il suo ruolo, e non può essere lasciato solo. La sinistra deve riprendere a cantare con la sua voce, anziché con quella degli altri.
lontanoevicino@gmail.com
Popularity: 7%