Si può ristrutturare la classe dirigente
Il Secolo XIX – 6 Gennaio 2013 – Andrea Orlando, nel suo incontro con la stampa di fine anno, ha sottolineato con forza che “Spezia deve cambiare classe dirigente”: “ci sono le potenzialità -ha aggiunto- per costruire una rete di relazioni che porti la città ad avere un respiro più ampio, ma bisogna guardarsi attorno e non ripiegare sempre sugli stessi nomi, negli stessi ruoli”. Sono d’accordo: è un tema decisivo per uscire dalla crisi. Due anni fa, in “La sinistra, la capra e il violino”, scrivevo: “Il nostro sistema non può essere gestito da grovigli di relazioni che legano partiti, enti locali, aziende municipalizzate, fondazioni e banche, agenzie locali in cui si muovono le stesse persone che escono da una porta per entrarne in un’altra. Così restiamo piccoli e provinciali. Dobbiamo essere una città del mondo, che si apre ai flussi nazionali e internazionali di talenti, saperi, professionalità, investimenti”. Insomma, a Spezia più che altrove -il problema è nazionale, come spiega il sociologo Mario Magatti- il movimento di circolazione delle elite non funziona, e chi acquisisce una posizione di potere sa che, in linea di principio, non ne uscirà più. Il mio è stato un caso raro, quindi visto come ostile rispetto a un ceto che, al di là delle sue divisioni interne, condivide l’interesse di fondo a conservare lo status quo. Per questo è difficile trovare innovatori: a essere prevalenti sono la pressione omologante, tesa ad accontentare tutti, e il conformismo.
Occorre uscire da questo sistema con un avvicendamento e una rottura, che possono accadere solo nei momenti di profondo cambiamento economico, sociale e politico, cioè negli storici passaggi di fase. Da noi accadde, sia pure tra molte resistenze, nel ’92-‘93: Tangentopoli, passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, crisi delle vecchie giunte di sinistra e elezione diretta dei Sindaci, deindustrializzazione e nuovo modello di sviluppo basato anche su porto e turismo. Le sindacature di Rosaia e mia, con pregi e difetti, ne furono l’espressione. Molti di coloro che emersero allora, tra cui Orlando, sono ora i protagonisti. Ebbene, il punto è questo: oggi ci sono le condizioni di una nuova ristrutturazione del sistema e di un cambiamento della classe dirigente. La “grande crisi” economica ne è all’origine. Il modello di sviluppo deve cambiare ancora: è evidente che non è più possibile insistere sulla crescita dei valori immobiliari e sui progetti di larga scala, da Marinella al masterplan del waterfront. Su questo io e Orlando concordammo a settembre discutendo del mio “Ripartiamo dalla polis”. Cito le sue parole, in sintonia con le mie: “La programmazione non deve essere il recepimento delle istanze private… il pubblico non può limitarsi al ruolo di compilatore di queste istanze e deve riconquistare un ruolo di guida, da esercitarsi con la partecipazione… è su queste basi che occorre ricostruire la sinistra e porre mano al problema della inadeguatezza della classe dirigente della nostra provincia”.
Da allora si è tentennato. E’ il momento di cominciare il cambiamento, aprendo una nuova fase di programmazione partecipata, più attenta alla dimensione sociale e ambientale. Solo su queste basi progettuali è possibile ricostruire una sinistra del lavoro, dei giovani e del civismo e dar vita a una nuova classe dirigente.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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