Rivalità con Genova storia ma non destino
Il Secolo XIX – 15 agosto 2009 – L’estate è anche stagione di letture. Nei mesi scorsi sono uscite alcune importanti ricerche, che hanno colmato lacune nella storia della nostra città. La rubrica è dedicata a una di queste ricerche: “La Spezia nel Quattrocento” di Diego Del Prato, spezzino d’origine, poi milanese, ora nuovamente nostro concittadino.
L’autore ha studiato documenti inediti degli archivi di Milano e ha riportato alla luce un secolo di vita spezzina, dando vita a uno splendente ritratto della Spezia rinascimentale. In questo modo Del Prato sfida il mito per cui la nostra città sarebbe stata, fino alla costruzione dell’Arsenale, solo un anonimo borgo di pescatori. E ci dimostra che Spezia nel Quattrocento era in realtà una città dinamica, in cui fiorivano le attività commerciali, artigiane e agricole: un importante centro politico ed economico che, durante il dominio del ducato milanese degli Sforza, diventò la “capitale” del Levante ligure.
Spezia, infatti, fu fedele alleata del ducato, quando gli Sforza entrarono in possesso della Repubblica genovese. Per contrastare la potenza della Repubblica di Venezia, i milanesi vollero costruire un gran numero di navi e di galee e, nel 1473, un arsenale, che fu realizzato a Spezia e non, come avrebbero voluto i genovesi, a Genova. Una struttura, ipotizza l’autore, collocata nel levante cittadino e non, come si è sempre sostenuto, all’inizio della Via del Torretto, dove allora giungeva il mare.
Caduti gli Sforza, la Liguria riconquistò la sua indipendenza e Spezia ritornò sottomessa a Genova. L’arsenale fu distrutto e la nostra città perse quella vocazione marittima che i milanesi avevano incoraggiato. Si trattò, scrive Del Prato, di “un drammatico errore”: “andava persa un’occasione di sviluppo per tutto il golfo spezzino che, legatosi nuovamente a filo doppio con le sorti di Genova, doveva inesorabilmente regredire”.
Iniziò un declino che si interruppe solo con la realizzazione dell’ Arsenale per volontà di Cavour, ancora in contrasto con i genovesi, i cui deputati fecero -scrive Umberto Burla nella sua “Storia della Spezia”- “del terrorismo parlamentare”.
Insomma, la storia nulla inventa e si ripete? No, dobbiamo provare a cambiarla.
Non servono suggestioni “secessioniste” rispetto alla Liguria, anche se è vero che le regioni costituzionali esistono solo dal 1948, e che allora si discusse di fare la Lunigiana: sono realtà recenti, non sempre rispettose della storia. Serve semmai la spinta a far sì che la Liguria sia una regione meno frammentata, con un’identità unitaria più forte. La competizione tra le sue città esisterà sempre, ma per evitare le schegge impazzite serve un disegno unitario. Faccio l’esempio dei porti: serve un sistema, poi chi ha più filo tesserà. E competerà nel trasporto delle merci come delle persone (le crociere). E nella nautica: Spezia diventerà capitale marittima del Mediterraneo se realizzerà un centro di manutenzione e refitting per gli oltre 3.000 yacht del mare nostrum. Ma questo è un obbiettivo anche di Genova… La Liguria avrà un futuro se questa competizione sarà ricomposta in una cornice unitaria e se nessun territorio sarà marginale.
E se sarà capace di fare partnership con i territori confinanti, componendo in un disegno integrato tutte le relazioni che il suo territorio ha. Anche quelle di una città come la nostra, che ha legami storici con Emilia, Toscana, Veneto, Lombardia. Relazioni che servono all’intera Liguria e vanno ricondotte a una strategia unitaria.
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