Rifiuti: siamo gli unici ad avere impianti
Il Secolo XIX – 29 novembre 2009 – Proseguo il dialogo con i lettori sull’ambiente affrontando il tema dell’utilizzo del CDR. In un articolo del 22 giugno 2008 spiegai l’origine delle scelte, frutto del confronto popolare e con le competenze tecniche. Il Ministro dell’ambiente Edo Ronchi ci incoraggiò. A suo parere ogni provincia avrebbe dovuto dotarsi di un piano basato sulla raccolta differenziata e su due impianti a “impatto ambientale zero”: quello di produzione di compost per agricoltura dai rifiuti organici, che costruimmo a Boscalino, e quello di produzione di CDR, combustibile per energia, costruito a Saliceti. Il CDR avrebbe dovuto essere valorizzato in un impianto per ogni regione. Cadde il governo e il disegno di Ronchi non si realizzò. Spezia, comunque, ha ora due impianti: non siamo la “cenerentola della Liguria”, ma l’unica provincia che ha degli impianti.
I problemi sorsero perché, terminato l’impianto di Saliceti nel 2008, l’appaltatore avrebbe dovuto occuparsi, per contratto, della valorizzazione del CDR per tre anni: ma non lo fece, con conseguente contenzioso, e smaltimento del CDR fuori provincia a nostre spese. Le scelte, quindi, sono diventate urgenti.
Che fare? Un impianto di valorizzazione per il solo nostro CDR non è vantaggioso economicamente, e ne va valutato l’impatto ambientale. C’è la scelta della co-combustione CDR-carbone nella centrale Enel, come a Venezia. Se si decide di non porre l’obbiettivo della dismissione della centrale, è una possibilità da esaminare, verificandone l’impatto ambientale. La convenienza economica è certa, anche se va detto che la centrale non è predisposta per la co-combustione: occorrono investimenti che farebbe Enel (12 milioni, due anni di lavoro) e che verrebbero ripagati dai Comuni con la rinuncia, per una decina d’anni, al corrispettivo che Enel devolverebbe per il CDR.
C’è infine un’altra scelta: la raccolta differenziata spinta. Nell’articolo ricordavo che dal ’97 la r.d in città era cresciuta dal 5 al 26%, risultato che definivo “importante ma insufficiente”. Autocritica che ribadisco. C’è chi sostiene che la r.d costa troppo: sì, ma con il sistema attuale. Se viene fatta porta a porta e in modo mirato al riciclo costa poco perché tutto il rifiuto è riciclato e venduto. Si vada a Vedelago (Treviso): il centro di riciclo riceve, separa e ricicla il 99% dei rifiuti differenziati, senza emettere sostanze nocive. Gli scarti della plastica vengono recuperati per l’industria della plastica, il secco diventa granulato per l’edilizia, e così via. Non ci sono più rifiuti, ma materiali che diventano risorse. Il CDR prodotto sarebbe pochissimo: smaltirlo non sarebbe più un problema. E Saliceti? E’ polifunzionale e può produrre anche biostabilizzato, materiale inerte che ha un mercato. Anche questa scelta dunque, sarebbe economicamente, oltre che ambientalmente, conveniente. Certo, il coinvolgimento dei cittadini è decisivo, perché il sistema funziona se la r.d si fa bene. Serve tempo? Sì, ma non troppo: Salerno ha raggiunto il 72% in 15 mesi, Novara e Verbania hanno superato il 70% in pochi anni.
Si è parlato, sul tema, di referendum. Serve molto di più: chiamare i cittadini non solo a votare ma a dialogare sulla base di argomenti motivati. Si usino i metodi sperimentati in città -piano strategico e Agenda 21- o quelli del “debat public” francese: affidandoci all’intelligenza e all’interesse per il bene pubblico dei cittadini si arriverà in modo rapido a soluzioni il più possibile condivise.
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