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Più partecipazione per uscire dalla crisi

a cura di in data 27 Settembre 2010 – 14:40

Il Secolo XIX – 27 settembre 2010 – Spezia attraversa una fase non facile. La “grande crisi” l’ha colpita nel pieno di un processo di trasformazione, e l’ha fatta tornare indietro. Sul piano dell’economia: nel decennio 1997-2007 i nuovi posti di lavoro in provincia sono stati 9.000; in un anno -dal 2008 al 2009- ne abbiamo persi 7.000. Sul piano della coesione sociale: basti citare la “bomba ad orologeria”, come l’ha definita il presidente del Sunia Franco Bravo, dei 300 sfratti per morosità nel 2010.
Se ne può uscire solo con una “visione condivisa”: più progetto e più partecipazione. Tutto il contrario rispetto a un certo pensiero diffuso anche in città, secondo cui “i piani e i discorsi non servono più”, mentre “la partecipazione è una perdita di tempo, perché bisogna decidere”. Più pragmatismo e più decisionismo, quindi. Peccato che per fare bene e presto servano proprio la fatica del pensiero e delle discussioni collettive. La città è cambiata e può continuare a cambiare solo così. Abbiamo bisogno, quindi, di nuove sfide progettuali che coinvolgano la città.
Per spiegarmi faccio due esempi tra i tanti possibili. Il primo è lo smaltimento dei rifiuti. Il vecchio “piano partecipato”, che risale a più di 10 anni fa, chiaramente non basta più. Non solo perché c’è da decidere che fare del CDR ma anche perché va fatta una raccolta differenziata spinta, porta a porta e mirata al riciclo. Ma un nuovo piano non si realizzerà senza la partecipazione dei cittadini. Vale per la raccolta differenziata, come è evidente, ma anche per le altre scelte. Non ho mai condiviso l’ipotesi di bruciare il CDR in Enel. C’era chi lo proponeva: ma lo faceva sui giornali, mai coinvolgendo la città. Ammesso e non concesso che fosse una buona proposta, con quel metodo non sarebbe mai passata. E infatti è finita nel dimenticatoio.
Anche il turismo è cresciuto grazie a un “piano partecipato”. Se siamo riusciti a realizzare obbiettivi allora quasi inimmaginabili, come l’albergo al Poggio, in un’area privata abbandonata dal dopoguerra che il Comune addirittura comprò per poi rivenderla a chi avesse costruito appunto un albergo, o come l’ostello della gioventù a Biassa, il borgo più isolato e “scorbutico” con i “foresti”, è perché non abbiamo calato dall’alto le idee del cambiamento ma le abbiamo discusse e condivise con gli operatori privati e con i cittadini. Ora la nuova vocazione turistica deve crescere ancora: Comune e Camera di Commercio puntano a un Piano di marketing urbano, le imprese devono aggregarsi e fare sistema, e così via. Idee nuove, che abbisognano, per diventare realtà, di quel cambio di “mentalità” possibile solo con il coinvolgimento degli operatori privati. E di tutti i cittadini: in fondo il marketing migliore è l’accoglienza di cui è capace ognuno di noi.
Più progetto e più partecipazione hanno bisogno di strumenti ad hoc. Io ho sempre avuto, su questo punto, l’assillo di sperimentare: dal Piano strategico ad Agenda 21, senza dimenticare gli strumenti istituzionali come le Circoscrizioni. I primi sembrano messi in soffitta, le seconde saranno cancellate per decisione del Governo. Ma qualcosa occorrerà reinventarsi. Guai se la politica viene delegata a una sfera separata, abitata da professionisti, lontana dalla società civile e dai cittadini attivi e partecipi.

lontanoevicino@gmail.com

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