Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Periferie laboratorio della trasformazione

a cura di in data 7 Settembre 2008 – 09:19

Il Secolo XIX – 7 settembre 2008 – Alcuni lettori mi hanno scritto dopo aver letto la rubrica di due domeniche fa, dedicata al centro storico, sottolineando la necessità di proseguire in tutta la città l’opera di qualificazione urbana avviata nel centro e in alcune periferie. Condivido, anche se, a dire il vero, io non uso mai, parlando di Spezia, il termine “periferie”, perché sa troppo di “città dormitorio” e non ci riguarda molto. La nostra città è un tutt’uno: il centro e i tanti quartieri, ognuno con la sua storia e la sua identità, e con un suo modo particolare di essere un luogo dove , come in centro, le persone si possono incontrare. Dove c’è una vita sociale, una ricchezza di relazioni tra le persone: nelle piazze, nei parchi, nei centri di aggregazione. Spezia è ancora in gran parte così, per fortuna. E’ vero, però, che la qualificazione urbana deve andare avanti, anche là dove è rimasta indietro: perché tutte le zone della città hanno diritto al futuro.
Il tema della qualificazione delle periferie è attualissimo: è stato, non a caso, al centro del congresso mondiale di architettura che si è tenuto recentemente a Torino. Gli architetti italiani hanno lanciato il motto “Perché  l’Italia torni al futuro, trasformiamo le periferie in brani di ecocittà”. Così come si è discusso molto di “democrazia urbana”: perché al di fuori della trasparenza dei processi decisionali e del coinvolgimento dei cittadini non si colgono le loro reali esigenze e non si fa buona architettura. Si è insistito, inoltre, sulla necessità di riprendere a costruire edilizia sociale, dopo un trentennio in cui la politica se ne è, con poche eccezioni, lavata le mani, lasciando che il mercato si impossessasse del territorio. “Il vero problema -ha detto l’architetto Mario Botta- è oggi la casa per tutti: il povero è punito due volte, perché o non ce l’ha o ce l’ha brutta”.
A Spezia non mancano gli esempi positivi della mano pubblica (Comune e Arte). Si pensi ai grandi interventi in corso da anni: il Piano di recupero urbano del quartiere del Favaro e il Contratto del quartiere delle Pianazze. Al Favaro si sta realizzando, con un investimento di 14 milioni di euro, un insieme sistematico di opere: recupero edilizio, nuove abitazioni, servizi collettivi, aree verdi, parcheggi e opere viarie. Così alle Pianazze, dove, con un investimento analogo, è prevista anche una nuova piazza al centro del quartiere; e dove  la novità è la forte attenzione al risparmio energetico negli edifici.
Ora bisognerebbe proseguire in altre parti della città: penso a un altro quartiere di “case popolari”, Melara, che avrebbe bisogno di un analogo programma di riqualificazione urbanistica, edilizia, sociale. Ma è tutto più difficile perchè il nuovo governo ha eliminato i 280 milioni destinati dal governo precedente ai Comuni per i Contratti di quartiere.
E’ la conferma che si rischia di andare verso la fine dell’edilizia sociale, un settore che già è, in Italia, molto meno sviluppato rispetto al resto d’Europa. Sarebbe una scelta sbagliata, anche perché la società si trasforma nel segno della precarietà e ciò spinge a una domanda maggiore, non certo minore, di case in affitto.

lontanoevicino@gmail.com

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