Patto per lo sviluppo prima misura anticrisi
Il Secolo XIX – 25 gennaio 2009 – La crisi economica si ripercuote in città e richiede più coesione. I processi di trasformazione urbana hanno successo solo se le città sono capaci di chiamare a raccolta tutte le loro forze. Ciò vale, a maggior ragione, quando si affronta una crisi.
A Spezia, in queste settimane, la spinta a “fare patto” è cresciuta. Confindustria e sindacati hanno siglato il “Patto per lo sviluppo”, un’intesa su quattro punti: nuovo utilizzo delle aree militari, attuazione del Piano regolatore del porto, del waterfront e del Distretto delle tecnologie marine. Subito dopo è nato il Coordinamento provinciale delle piccole e medie imprese, che ha ricordato che queste imprese sono il 74% del totale e danno lavoro al 65% degli addetti.
Sono fatti positivi: c’è bisogno, nella società, di forze che esercitino un ruolo propulsivo per lo sviluppo e stimolino la classe dirigente politica. Queste leve, però, non basterebbero se non si rafforzasse un indirizzo di governo tale da stabilire una cornice di riferimento e da esercitare un ruolo di “regia” del sistema territoriale. Anche in questo caso le forze si sono mosse. Gli Enti locali sono in campo e spingono per la condivisione: la proposta sulle aree militari è stata inviata al Governo da tutte le istituzioni e le forze sociali.
Comune e Provincia, in particolare, hanno un ruolo chiave, come fu nel Piano strategico, l’esperienza di pianificazione condivisa dell’ultimo decennio. Si sta recuperando il suo“spirito”: la cooperazione tra istituzioni e l’ampia partecipazione degli attori sociali
Molte città, approvati i Piani strategici, lavorano ora alle “Agende strategiche”, cioè a monitorare l’attuazione dei progetti. Come propongono i firmatari del “Patto per lo sviluppo”: relazionare, ogni semestre, sullo stato di avanzamento dei progetti.
Ma occorre anche proseguire l’elaborazione sui punti aperti, non contenuti nel Piano strategico o meritevoli di un aggiornamento. Sull’industria energetica una proposta condivisa non c’è ancora. Così come occorre riflettere di più e meglio su tutto ciò che non è industria e porto. Ci siamo terziarizzati più per necessità che per scelta, dopo la grande crisi di vent’anni fa, ma non abbiamo ancora una cultura del terziario e dei servizi.
Un’osservazione, infine, sui soggetti da coinvolgere: il Piano strategico fu firmato nel 2004 da 74 istituzioni e associazioni, superando la vecchia concertazione imperniata sui soggetti tradizionali. Una coesione vera c’è quando viene coinvolta tutta la città. Il cambiamento si costruisce attraverso le scelte quotidiane della società civile, delle associazioni, dei tanti cittadini attivi, delle forze giovani ed emergenti, dei nuovi protagonisti che riusciamo ad attrarre dall’esterno.
Il metodo di governo deve liberare energie e risorse, rompere le posizioni di rendita, le chiusure e le pratiche corporative che ingessano lo sviluppo. E’ così che si costruisce una nuova classe dirigente.
La ricostruzione di Spezia dopo la guerra fu opera sì delle istituzioni e delle forze sociali ma anche di un “lavoro di squadra” che coinvolse la città e fece tesoro delle idee e della generosità di tanti uomini e donne semplici. E così facemmo quando ci rimettemmo in moto dopo la grande crisi dei primi anni ’90. In entrambi i casi ci sono stati anche errori, certo. Per affrontare il futuro, allora, impariamo dagli errori e riscopriamo la parte migliore del nostro passato. Sapremo essere ancora, nei tempi nuovi, città-comunità.
lontanoevicino@gmail.com
Popularity: 7%