Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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Ottobre 1968 al Liceo. Il ricordo, il lascito

a cura di in data 5 Ottobre 2008 – 09:23

Il Secolo XIX – 5 ottobre 2008 – Dopo quarant’anni il ‘68 suscita ancora passioni. “Ci vorrebbe un nuovo ‘68” o “E’ tutta colpa del ‘68”? Anno formidabile o anno terribile?
Per me il ’68 cominciò il 5 ottobre. 14 anni, quarta ginnasio al liceo Costa. Era uno dei primi giorni di scuola. Due giorni prima a Città del Messico centinaia di studenti che contestavano le Olimpiadi della dittatura erano stati uccisi dalla polizia. Pochi giorni dopo gli atleti neri statunitensi, sul podio, avrebbero alzato il pugno guantato di nero. Sulla scalinata del liceo c’erano gli studenti che avevano proclamato lo sciopero e bloccavano l’ingresso. Scandivano “Messico” battendo le mani come nel Maggio francese. Improvvisamente arrivò un manipolo di neofascisti per forzare il blocco, ci furono scontri violenti, poi l’intervento della polizia. Nei giorni successivi il liceo fu occupato. Dopo quello universitario, scoppiava il ’68 degli studenti medi.
14 anni erano pochi anche allora: la storia di quei giorni per me non fu una storia di divisioni, ma di unione. La cosa bella è che si unì una generazione, che cominciò a pensare all’inaccettabilità dell’ingiustizia nel mondo: le bombe in Vietnam, l’esplosione dei ghetti neri, Martin Luther King che veniva ucciso perché “aveva un sogno”. Era una rivolta nata dal cuore, i libri arrivarono dopo. Ricordo la musica, lo stare insieme, le sere al cineforum,la caduta dei tabù, i cortei e le assemblee, l’insofferenza verso l’autoritarismo e il conformismo. A chi sa cos’è la libertà non può sfuggire questo desiderio di libertà, così ricco di immaginazione.
Su quell’esperienza serve una riflessione storica, senza nostalgie né demonizzazioni.
L’aspetto più caduco è quello ideologico: dopo una prima fase in cui fortissima era la dimensione libertaria, ci fu una forte ideologizzazione, fino a forme di estremismo violento, che non ha lasciato tracce positive. Alla volontà di cambiamento vennero date risposte impazienti e drastiche, senza un progetto politico di respiro.
L’aspetto più vitale e duraturo fu la grande spinta anti-autoritaria e di modernizzazione sociale, con risultati vivi ancora oggi: lo statuto dei diritti dei lavoratori, frutto del ’69 operaio, la legge sull’obiezione di coscienza, il nuovo diritto di famiglia, la riforma della psichiatria…Una  spinta che modificò la coscienza e il volto del Paese.
Anche Spezia cambiò. Purtroppo sul ’68 spezzino sono mancate finora la memoria e la riflessione. Fa eccezione il romanzo di Giuseppe Corlito “A memoria-By heart”. Eppure lo scossone ci fu. La scuola fu svecchiata, cambiarono i valori e gli stili di vita sociale. La classe operaia, allora “classe generale” egemone in città, si aprì alle spinte partecipative dei giovani operai. Molti giovani arricchirono la classe dirigente politica e sindacale e le elites culturali, giornalistiche, professionali. La vita culturale conobbe personalità di rilievo, come  Enzo Ungari e Aldo Rescio, prematuramente scomparsi.
Insomma, il ’68 fu un sogno buono. Poi fallì, ma non fu un sogno cattivo. Il fatto che per un certo tempo sia stato possibile in gran parte del mondo sperare in un progetto collettivo  è un valore in sé. Ingenuo, forse, ma che fa bene. E che è utile ricordare per guardare avanti e progettare -o almeno immaginare- il futuro.

lontanoevicino@gmail.com

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