Non rassegnarsi alle morti per l’amianto
Il Secolo XIX – 28 febbraio 2010 – Appena posso mi riposo a Schiara di Tramonti, guardando il mare e camminando nei sentieri. Come casa la cantina di un caro amico: Luciano Cidale, che per salvare Tramonti ha dato l’anima. Luciano, da un anno, non c’è più: aveva solo 65 anni, se l’è portato via in poco tempo un tumore terribile, il mesotelioma pleurico. E’ la malattia provocata dall’amianto. Luciano metteva a punto le apparecchiature radar delle navi, e l’amianto nelle navi è dappertutto. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono stati 125 milioni i lavoratori esposti a questo materiale. Ogni anno i morti sono 100.000, in Italia 4.000. Una vittima ogni cinque minuti. Spezia, scrive nel suo libro “Amianto. Storia di un serial killer” la giornalista d’inchiesta Stefania Divertito, ”è l’epicentro italiano del dramma mesotelioma, la città con il record mondiale di malattie asbesto correlate”. Colpa soprattutto dei cantieri navali, e dei lavori di manutenzione fatti senza alcuna precauzione.
Monica, la figlia di Luciano, è una donna molto in gamba. Ora non vuole rimuovere il ricordo del dolore. Vuole far prendere coscienza di questo dramma, che non ha finito di colpire: il picco di mortalità arriverà, ha avvertito l’Oms, tra il 2025 e il 2030. Dalla prima esposizione alla malattia possono passare, infatti, anche 45 anni. Per questo ha organizzato, insieme a un gruppo di cittadini con gli stessi propositi, un utilissimo incontro pubblico. Quando si parla di amianto tutti siamo portati a scansare, ad andare oltre. Troppo devastante assistere impotenti a una strage continua. E invece no: il male va studiato per essere arginato, come hanno detto la Divertito e gli altri esperti presenti. C’era Alessio Anselmi, rappresentante dei militari in Marina, impegnato perché la gente di mare sia risarcita e chi l’ha avvelenata sia processato. E l’epidemiologo Valerio Gennaro, che ha spiegato che occorre essere attenti alle cause della malattia, e quindi fare prevenzione eliminando l’amianto ovunque si annidi e facendo -bene- le bonifiche.
Servono, inoltre, le leggi. Il governo Prodi istituì un fondo risarcitorio per le vittime dell’amianto. Esistono anche i fondi stanziati, ma manca il decreto attuativo: le poche righe di un regolamento. Mentre si discute di tangenti, festini e candidature c’è chi lotta per la sopravvivenza completamente abbandonato dallo Stato. In particolare i lavoratori marittimi, privati dalla legge del diritto di ottenere assistenza e risarcimento. Bisogna dare atto al Presidente della Regione Claudio Burlando di aver fatto sua questa protesta, ottenendo primi impegni del ministro Sacconi.
Il più resta da fare, però. Si pensi al fatto che continuano ad arrivare nei nostri porti navi straniere contenenti amianto: carrette greche, turche, libanesi con amianto estratto nel civilissimo Canada, ma lavorato in India e Pakistan da milioni di operai condannati dal “lavoro sporco” a una morte atroce. E’ la globalizzazione dell’inquinamento. O al fatto che, come ci dicono i dati, per il 19,5% dei casi (uno su cinque) l’esposizione è ignota. Non si sa dove e perché le persone si sono ammalate. E’ un’esposizione ambientale di cui vanno capiti i fattor di rischio. E poi occorrono piani di bonifica dei siti inquinati: gran parte degli edifici pubblici e privati, inconsapevoli miniere d’amianto. E’ una guerra contro il tempo che deteriora i manufatti. Spezia dovrebbe essere all’avanguardia di questa lotta e caratterizzarsi come esempio per il Paese.
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