L’outlet e lo sviluppo della Val di Vara
Il Secolo XIX – 9 giugno 2011 – Guido Melley, a nome dei commercianti che hanno presentato un ricorso al Tar per la revoca dei provvedimenti riguardanti l’outlet di Brugnato, ha usato parole pesanti: “E’ una battaglia di principio contro operazioni senza confronto e pubblica partecipazione e, soprattutto, senza rispetto delle norme in materia commerciale… con il piano regionale vigente un insediamento di tale portata non è previsto… una colpa molto grave va addebitata alla giunta regionale… l’amministrazione provinciale si è limitata a una mera ratifica tecnica di atti approvati altrove e non si è voluta assumere alcuna diretta responsabilità”. Si può discutere degli altri grandi insediamenti commerciali realizzati in questi anni: ma non c’è dubbio che essi siano stati previsti dalla pianificazione e lungamente discussi. Mentre l’outlet è sembrato un “fungo” spuntato all’improvviso. Regione e Provincia devono uscire dal silenzio e rispondere nel merito. La risposta non può essere quella del Comune di Brugnato: “l’outlet non è un outlet, né un centro commerciale”! Ma che cos’è, allora? E sarebbe bene, anche per evitare casi analoghi in futuro, che la Provincia tagliasse la testa al toro e chiedesse alla Regione il blocco ad ogni autorizzazione a nuove grandi superfici di vendita.
Credo che su questo argomento vada fatto un ragionamento più profondo. C’è una tendenza che già opera nella scena mondiale: un intero continente di merci si rovescerà nei prossimi anni su di noi per effetto dell’incontenibile aumento della produttività del lavoro. Tanti e sovrabbondanti beni intorno a noi faranno sì che il valore tenderà -come sta già accadendo- a rifugiarsi in tutto ciò che non è standardizzato e industrialmente riproducibile, in ciò che è unico, nel patrimonio storico e naturale, nel lavoro di qualità e creativo. L’Italia è, per geografia e storia, il luogo dove possono sorgere nuove economie e nuovi lavori per i giovani: agricoltura biologica, manutenzione del territorio, energie rinnovabili, turismo sostenibile, enogastronomia, artigianato, cultura. Il futuro della Val di Vara sta in questo nuovo modello di sviluppo o in un’attività produttiva priva di radicamento e che consuma territorio come l’outlet?
Quello che propongo è solo un alfabeto con cui scrivere un grande progetto complessivo, insieme ai giovani, ai sindacati, alle associazioni, ai Comuni che non pensano solo a incassare oneri di urbanizzazione una tantum e a far assumere commessi, spesso precari. Non si tratta di dire a un giovane di andare a fare il contadino, ma di chiedergli di partecipare a questo progetto, per realizzare simultaneamente tutte le iniziative di valorizzazione delle nostre colline, affinché facciano massa critica. Un progetto che sia promosso da Regione e Provincia. Quando Maurizio Caranza cominciò a parlare di biologico a Varese Ligure lo presero per “visionario”. Successe anche a me per l’ostello della gioventù a Biassa. Però ce l’abbiamo fatta. Non dobbiamo smettere di tentare. Un esempio: l’Associazione Culturale Mediterraneo e l’Università di Pisa svolgeranno una ricerca sulle potenzialità di sviluppo dell’economia solidale a Spezia. Come scrive Pietro Ingrao: ”se parliamo di fare il possibile sono capaci tutti, il compito della politica è pensare l’impossibile”.
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