Presentazione di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17 a Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
15 Dicembre 2024 – 19:29

Presentazione di
“Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Giovedì 19 dicembre 2024 ore 17
Porto Venere – Ristorante La Marina Calata Doria
I due …

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Le città assediate dai bisogni dei poveri

a cura di in data 29 Agosto 2010 – 14:38

Il Secolo XIX – 29 agosto 2010 – La letteratura è un’incessante produttrice di immagini della città e del suo futuro. Non è un caso che “Farenheit 451”, il romanzo di fantascienza di Ray Bradbury, si concluda con le parole “Quando saremo giunti alla Città”. In fuga dall’oppressione totalitaria di un mondo dove i libri sono proibiti, i lettori vanno verso una meta salvifica chiamata “Città”. La città, nata come spazio dell’incontro e della socievolezza, nell’epoca attuale della solitudine e della paura ha perso un po’ la sua radice originaria, ma non del tutto. La città come comunità non è scomparsa. Ed è più che mai necessaria, se pensiamo ai drammi che oggi colpiscono le persone. Il più grave è la povertà. La ricerca dello Spi Cgil “Nuove e vecchie povertà in Liguria”, elaborata con i Centri Caritas, ci offre uno spaccato preoccupante. Cresce a Spezia come a Sarzana il numero delle persone che prima della crisi riuscivano a vivere dignitosamente e ora sono costrette a chiedere un aiuto per poter andare avanti: sono famiglie giovani, anziani e immigrati. I fattori determinanti sono molti: la disoccupazione, la casa, le malattie, le dipendenze, le separazioni e i divorzi. Che cosa si può fare in una città che voglia essere ancora comunità? L’aiuto economico è importante ma non risolutivo. Servono altri strumenti, come la formazione, l’inserimento lavorativo, la “presa in carico” della persona per capire le ragioni delle sue difficoltà e renderla di nuovo, progressivamente, in grado di provvedere a se stessa. Ma non è semplice, perché il nostro Paese occupa l’ultimo posto tra i 15 Paesi U.E con appena il 2% delle risorse destinato alla spesa per la protezione sociale. Il Governo non si preoccupa della povertà: in un solo triennio la consistenza del Fondo Sociale è scesa da 1 miliardo e 565 milioni del 2007 a 1 miliardo e 420 milioni del 2009. La Liguria passa da 22 a 15 milioni, un 30% in meno. E i Comuni, taglieggiati anch’essi, sono in difficoltà a mettere risorse proprie. Serve un’altra politica economica e sociale, che stanzi più finanziamenti e preveda nel contempo un ruolo maggiore per il privato sociale e il volontariato, il cui ruolo, anche da noi, è insostituibile. Mentre la “resistenza” locale di chi si batte per la solidarietà e i diritti delle persone deve, nonostante le difficoltà, crescere ancora. A Spezia esiste, dal 2005, il “Tavolo delle povertà”, che coinvolge il Comune e i soggetti che si occupano di disagio: sta facendo molto, e ha in mente di creare una terza mensa per i non abbienti, in aggiunta alle due esistenti. La città-comunità deve “unire gli ultimi”, dare vita cioè a nuove politiche sociali che servano per tutti i più deboli, italiani e immigrati. Non mancano, da noi, recentissimi segnali di attenzione agli stranieri. Il Comune di Follo (centrodestra) ha organizzato una festa in piazza con tutte le comunità del territorio. Quello di Sarzana (centrosinistra) ha messo a disposizione dei musulmani una struttura pubblica per la preghiera. La città-comunità, inoltre, non deve dimenticare che il lavoro, quando c’è, è spesso precario e privo di tutela. Per gli stranieri ma anche per gli italiani. Penso ai tre operai licenziati nelle scorse settimane in porto. I sindacati sono divisi, ma devono unirsi per non lasciarli soli.

lontanoevicino@gmail.com

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