Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
14 Novembre 2024 – 21:22

Presentazione di
“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi
Venerdì 22 novembre ore 17 al Palazzo Ducale di Massa
Massa, Palazzo Ducale – Sala della Resistenza
Il libro di Dino Grassi “Io …

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La sinistra spezzina e la mancata innovazione

a cura di in data 23 Dicembre 2012 – 17:45

Il Secolo XIX – 23 Dicembre 2012 – Ilvo Diamanti, nelle sue “Mappe” sull’Italia politica, ha sempre collocato La Spezia nelle regioni rosse (dove la sinistra ottiene le percentuali più elevate), distinguendola dal resto della Liguria. I risultati delle primarie confermano questa collocazione: come in Emilia, Toscana e Umbria, anche alla Spezia Renzi va molto meglio che altrove, Bersani e Vendola peggio. Al primo turno il dato nazionale vede Bersani al 44,9, Renzi al 35,5 e Vendola al 15,6. In Liguria Bersani è al 50,1, Renzi al 32,1, Vendola al 14,5. Diverso il risultato spezzino: Bersani 49,5, Renzi 38,2, Vendola 9,7. In particolare le zone più rosse, Sarzana e Val di Magra, contribuiscono a rafforzare Renzi. Forti le analogie con le regioni rosse: in Emilia Bersani è al 49,0, Renzi al 38,3, Vendola al 9,8; in Toscana Bersani al 35,4, Renzi al 52,2, Vendola al 10,2; in Umbria Bersani al 42,3, Renzi al 45,0; Vendola al 10,9. Al ballottaggio Bersani recupera, grazie soprattutto ai voti vendoliani: 60,9 contro 39,1 di Renzi a livello nazionale, 65,5 contro 34,5 in Liguria. Ancora una volta diverso il dato spezzino: 59,8 contro 40,2, con Renzi più alto a Sarzana e in Val di Magra. Emergono nuovamente le analogie con Emilia (60,8 contro 39,2), Toscana (Renzi mantiene il primato: 54,9 contro 45,1) e Umbria (Bersani vince di poco: 51,8 contro 48,2).

Bisogna interrogarsi sul perché. Una risposta ce la fornisce Roberto Weber di Swg: il voto per Renzi è l’espressione di un disagio dei giovani e dei ceti produttivi “nei confronti della sintesi politica che si è prodotta ed è una richiesta di discontinuità”. Insomma, nelle regioni rosse si avverte forte l’istanza di cambiamento: “la struttura sociale è rimasta imbrigliata nel sistema di micro-cooptazione generato da sindacati, associazioni e cooperative, che ha finito per ingessare la mobilità sociale”. C’è molto di vero. Nel successo di Renzi in queste aree del Paese ha certamente pesato l’appoggio avuto da una parte del gruppo dirigente del Pd, che ha concepito le primarie come un regolamento di conti interno. Ma ha inciso, e molto, anche la rappresentazione che fa Weber di una “sinistra-istituzione”, spesso chiusa e autoreferenziale. Certo, in queste zone la sinistra è una grande forza, ha arricchito il capitale sociale e conserva più che altrove valori fondamentali come la solidarietà. Ma non ha favorito il ricambio generazionale e l’innovazione, cioè l’attenzione a nuove figure sociali e sensibilità politiche.
Renzi ha intercettato e dato voce a questo malessere. L’insegnamento delle primarie è dunque questo: da un lato ha prevalso la sinistra, la domanda di giustizia sociale oggi prevalente, dall’altro lato è emersa una spinta per il cambiamento che non può non essere colta. Bersani e Vendola non devono assolutamente disperdere il patrimonio di istanze portate da Renzi: la buona politica è la capacità di ricondurre ragioni diverse in una sintesi virtuosa. La “sinistra-istituzione” va strattonata, e la sua proposta va aggiornata, senza che le sue radici si disperdano. Il “renzismo” può dare una mano, a patto che non sia gattopardesco e non si limiti a voler occupare i posti di comando senza che nulla cambi.

Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

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