La politica è dialogo. Serve partecipazione
Il Secolo XIX, 11 febbraio 2015 – Ha ragione Pierluigi Peracchini su questa rubrica: “Quando la politica locale è riuscita a fare squadra sono state realizzate cose importanti per la nostra comunità… Va recuperato questo metodo di lavoro”. Il problema di Spezia è la mancanza di un centro ordinatore. Ci sono dei sottosistemi, ma non un sistema unitario e coordinato. Questa pluralità non è per se stessa una ragione di debolezza, può essere al contrario una risorsa, ma alla condizione che la politica faccia sistema, tenga cioè uniti i diversi soggetti in un lavoro comune di progettazione sociale, facendoli uscire dalla parzialità. Si chiami piano strategico, come facemmo a cavallo del millennio, o in altro modo: ma è questo il compito della politica.
Si può reagire al problema con il leaderismo e l’investitura popolare diretta del Sindaco che fa piazza pulita di ogni logica di mediazione. Ma la ricetta non funziona: l’Autorità Portuale ha la “sua” politica del porto e del waterfront, la Fondazione Carispezia ha la “sua” politica culturale”, e così via. Mentre, in assenza di un coinvolgimento, le associazioni e i comitati fanno battaglie sempre più contrappositive e i cittadini vanno sempre meno a votare. La reazione giusta è un’altra: dare a tutti la parola, e gli strumenti conoscitivi indispensabili per poter partecipare all’arena deliberativa. La democrazia è dialogo e compromesso, è ricorso alla parola anziché alla forza. L’aspetto più preoccupante dell’attuale momento politico a Spezia è che la democrazia si è inceppata: non c’è confronto di idee, non c’è dialogo, ma solo logiche di schieramento. La domanda che si fa è solo questa: tu con chi stai? E non: tu cosa pensi?
Una precisazione, infine, sulla critica che il Sindaco Federici fa, sul Secolo, al dialogo e al compromesso, citando la nuova piazza del Mercato. Sull’esito si può discutere: prima c’era una struttura fatiscente e fuori norma, ora ci sono un mercato sicuro e una piazza per la città. Ma piazza del Mercato non c’entra nulla con la partecipazione, perché è frutto di un concorso di idee. Ecco la questione che pongo da tempo: i concorsi di idee impediscono la partecipazione. E’ ciò che accomuna vicende pur così diverse come piazza del Mercato e piazza Verdi. E’ vero che prima del concorso di idee di piazza del Mercato si sviluppò un processo partecipativo sull’idea di fondo (che scartò l’idea di interrare il mercato e i parcheggi per avere una piazza pedonale e scelse il mercato di superficie), ma poi il progetto vincitore fu scelto da una giuria di tecnici. Nei concorsi di idee a decidere sono infatti i tecnici, non gli amministratori, cioè coloro che rappresentano i cittadini e che essi possono e devono “sorvegliare”. Questo è il punto: le città non devono essere abbandonate agli specialisti; a decidere, alla fine, devono essere gli amministratori, sulla base di processi partecipativi in cui i tecnici siano “obbligati” al confronto con i cittadini. Quando questo è avvenuto, da piazza Brin al parco della Pianta e a tanti altri casi, i risultati sono stati molto positivi.
Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo
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