In piazza degli zingari nel centro di Roma
Il Secolo XIX – 6 dicembre 2009 – “Spezia non è una città razzista”, ha detto il sindaco prima della manifestazione “Basta zingari alla Spezia”. Ma ha aggiunto che dobbiamo chiederci come mai non “abbiamo compreso che stava prendendo corpo una cultura di questo tipo”. La verità è che l’integrazione con gli stranieri è un fenomeno drammatico e complesso che “divide”, oggi forse più che mai. L’Italia solo da pochi anni è diventata meta di moltitudini di migranti in cerca di fortuna. Molti rimangono turbati dal contatto con tanti “diversi”. L’intolleranza è sintomo di una società che ha paura e che, non sapendo come arginarla, si chiude su se stessa e ha grande difficoltà ad accettare l’altro. Ancor più quando non è facilmente omologato, quando -come per gli zingari- l’alterità assume forme forti. Dobbiamo, allora, capire la paura di ciò che non si conosce ancora, per attivare meccanismi di riconoscimento che costruiscano fiducia e rispetto reciproci. E combattere la strumentalizzazione politica della paura.
Lo ha spiegato don Franco Martini della Caritas,: non dobbiamo più parlare “degli” zingari ma “con” gli zingari, riconoscerli come persone con diritti e doveri. “Non buttare a mare quanti sono diventati scomodi ma rimboccarsi le maniche e sedersi insieme a loro per capire, per far sì che i loro bambini vadano a scuola”. Le stesse parole del Questore Pasquale Ciullo, quando, pochi mesi fa, si congedò da Spezia: “Sbagliamo se diamo la colpa sempre e solo a quelli là. Non c’è da dividere, ma da unire. E il percorso verso l’integrazione deve essere fatto da tutti”.
E’ sbagliato essere indulgenti nei confronti dell’illegalità e dei comportamenti contro le donne e i bambini diffusi tra i Rom/Sinti. Ma è altrettanto pericoloso esserlo verso norme, atti, parole che incoraggiano l’odio razziale. Quando i figli degli italiani poveri venivano venduti per fare i mendicanti nelle strade di Londra, l’esule Giuseppe Mazzini si dedicò alla loro istruzione, non a raccogliere le loro impronte digitali.
Il Comitato Unitario della Resistenza ha deciso di proporre alle scuole il video sul pellegrinaggio nei campi di sterminio. Giusto: io c’ero, con mio figlio e tanti ragazzi, e so quanto abbia contato nella loro formazione. Ma nella storia dell’Olocausto il calvario di chi aveva il triangolo marrone e la “Z” tatuata non è stato riconosciuto. I ragazzi devono conoscere la parola Shoà, ma anche la parola Porrajmos (divoramento) che designa lo sterminio di almeno mezzo milione di Rom/Sinti. Chi presenterà il video dovrà spiegarlo. E ricordare che i Rom/Sinti sono un popolo pacifico, che non ha mai fatto guerre, né di religione né di rivendicazioni territoriali. La stessa legge che istituisce il “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio degli ebrei e dei deportati italiani non fa cenno al Porrajmos. Eppure con una circolare del 1940 il Ministero dell’Interno diede ordine alle Prefetture di deportare i Rom/Sinti nei campi.
Proprio pochi giorni fa, a Roma, ho visto per caso la Piazza degli Zingari. Non sapevo nemmeno che esistesse. E’ nel cuore del rione Monti, dove un tempo venivano concentrate le loro carovane. Una lapide ricorda l’Olocausto di Rom, Sinti e Camminanti.
Sarebbe giusto che Spezia reagisse anche così: con il ”Giorno della Memoria” dedicato anche all’Olocausto degli zingari, e una lapide per ricordarlo. Con la memoria del debito immenso che l’Europa ha verso le minoranze, e la consapevolezza che senza diritti delle minoranze non c’è democrazia.
lontanoevicino@gmail.com
Popularity: 10%