Immigrati, una risorsa imprenditoriale
Il Secolo XIX – 7 dicembre 2008 – Gli imprenditori immigrati sono diventati parte integrante dell’economia italiana: sono il 6,5% dei nostri imprenditori, con una crescita del 20% negli ultimi cinque anni. Non solo: dal 2006 al 2007 le imprese italiane sono diminuite di quasi l’1%, mentre quelle con titolare straniero sono aumentate dell’8%. Sono i dati che emergono da una ricerca Onc-Cnel sugli immigrati nel mercato del lavoro.
Scrive Carlo Dell’Aringa, il docente che ha curato la ricerca: “Tra gli immigrati che arrivano nel nostro Paese ce ne sono molti che hanno in tasca titoli di studio elevati. Ma succede poi che quando si mettono a cercare lavoro all’interno di un’impresa vengono relegati a ruoli marginali, fanno fatica ad uscire dal loro cono d’ombra. E allora fanno di tutto per trovare il modo di riscattarsi, mettendosi in proprio. Guardiamo cosa è successo l’ultimo anno: sono state 17.000 le nuove imprese straniere che si sono iscritte alle Camere di Commercio. E questo quando nel 2007 il decreto flussi ha limitato l’ingresso soltanto a 3.000 extracomunitari per motivo di lavoro autonomo. Quindi sono almeno 14.000 gli immigrati che hanno mutato la loro posizione di lavoro, diventando imprenditori da dipendenti che erano”.
Si tratta di imprese individuali ma anche di imprese più strutturate. Il settore dominante è quello delle costruzioni: il 10% delle imprese italiane del settore. Seguono il commercio, i trasporti e l’informatica. Per ciò che riguarda le nazionalità, in testa ci sono i marocchini, poi cinesi, albanesi, senegalesi, tunisini.
I dati spezzini sono più bassi di quelli nazionali, come ha rivelato l’indagine presentata nei giorni scorsi dalla Cna (Confederazione nazionale artigianato), in collaborazione con la Camera di Commercio. Gli imprenditori stranieri sono 1722, il 5 % del totale; ma la crescita negli ultimi cinque anni è stata del 30%. Le ditte individuali sono 1155, il resto sono società, consorzi, cooperative. Le imprese edili sono 573, 457 quelle del commercio al dettaglio, 130 i bar, ristoranti e affittacamere. E poi imprese informatiche, elettroniche, meccaniche, dei trasporti, agricole,dei servizi alla persona… I marocchini sono i più numerosi (233), seguiti dagli albanesi (227) e poi da cinesi, senegalesi, domenicani, tunisini.
La Cna ha individuato anche le principali necessità di queste imprese: l’accesso al credito e il riconoscimento in Italia dei titoli di studio acquisiti nei Paesi d’origine. C’è molto da fare, quindi, per istituzioni e forze sociali.
L’immigrazione si rivela infatti una condizione fondamentale per la ripresa sia demografica che economica di Spezia. Il nostro problema più serio è quello della riduzione della presenza dei giovani e, quindi, della contrazione della forza lavoro nei prossimi decenni. L’invecchiamento creerà, a lungo andare, delle grosse falle nell’ammontare della popolazione attiva e nell’indispensabile immissione di giovani nel mondo del lavoro. La struttura produttiva e il reddito e il benessere sociale ne risentirebbero pesantemente.
Ecco perché abbiamo bisogno di “tenere” i nostri giovani, ma anche di attrarne da fuori, aumentando la popolazione immigrata. Dobbiamo aprirci a energie e capacità nuove che si contaminino con il meglio della nostra tradizione, come Spezia ha già fatto nel corso della sua storia, per aprire una nuova fase di rinnovamento demografico, economico e sociale.
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