Il rispetto dello spirito di Tramonti
Il Secolo XIX – 31 agosto 2008 – Tramonti è per me la parte più bella -perché incontaminata- del Parco delle Cinque Terre.
I libri di Attilio Casavecchia e Giancarlo Natale, così come le fotografie di Sergio Fregoso e di Arturo Izzo, hanno raccontato la storia di questo territorio e del borgo, Biassa, da cui provenivano i suoi costruttori (ma non va dimenticata Campiglia, da cui originò il Persico): oltre trenta generazioni di vignaioli e di lavoratori della pietra che raggiunsero la costa selvaggia e inventarono un paesaggio unico al mondo. Tramonti è opera dell’uomo: un uomo capace di lunghe camminate, avvezzo ai silenzi davanti alla natura, pronto a votarsi a un lavoro titanico per trasformare la roccia a strapiombo sul mare in un sistema di terrazzamenti, contenuto da muri a secco, su cui venivano coltivate le viti.
Tramonti rischia ora di tornare alla natura, alla macchia mediterranea: per la struttura geologica del territorio e perché si è interrotta l’ opera di manutenzione attuata dall’uomo. Aumentano i movimenti franosi e l’erosione marina. Il cambiamento cominciò molti anni fa, con le nuove strade, con il lavoro nelle fabbriche, con il cemento -la pietra artificiale- che sostituiva la pietra arenaria. Quel piccolo universo compiuto e separato iniziò a scardinarsi. La società dei consumi, poi, ha fatto il resto. Eppure tanti non si rassegnano all’abbandono.
Sabato scorso sono stato alla festa della Fossola. Mi ha colpito l’alta percentuale di volti “foresti”. Paolo Lombardo, che coordina l’ufficio comunale “Progetto Tramonti”, mi ha spiegato che lombardi, emiliani, ecc. sono saliti, alla Fossola, al 70% del totale. Il che si spiega perché è la località meno impervia. La percentuale scende al 30% a Schiara, ma è destinata a salire.
Ma, ha aggiunto Lombardo, la convivenza è buona, perché “lo spirito di Tramonti è stato capito”: qui non potranno mai esserci le comodità delle seconde case. Qui, poi, si viene per fare i vignaioli: il Parco vincola coloro che fanno lavori edilizi per rendere più confortevoli le cantine a coltivare i terreni di proprietà. Il problema è che non tutte le cantine hanno i terreni. Il Parco dovrebbe, utilizzando la legge regionale sulle terre incolte, diventarne proprietario e metterle a disposizione di chi ha solo le cantine.
L’azione per far tornare la cura durevole dell’uomo si accompagna alla bonifica delle zone di maggiore dissesto idrogeologico. Il Comune è già intervenuto con primi interventi alla Fossola, al Persico e nel sentiero Fossola-Monasteroli. Ora la maggiore urgenza riguarda Schiara, con l’obiettivo di mantenere l’accesso al mare. Senza rinunciare al sogno di un percorso a mare per la Fossola, anche se non potrà più essere quello originario.
Siamo quindi sulla strada giusta. Parco, Comune, Regione e Università di Genova hanno fatto “squadra”, perché l’Unione europea finanzi i progetti di risanamento. E poi c’è un lavoro comune con le associazioni locali di volontariato, a cui è affidato un fondo per la manutenzione dei sentieri. Si sta pensando di recintare le zone coltivate per proteggerle dai cinghiali, e così via… Insomma, nessuna nostalgia per un passato che non può più tornare, ma un impegno forte per salvare Tramonti nei tempi nuovi, rispettando il più possibile il suo spirito.
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