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Il futuro dell’Enel, le colline da salvare

a cura di in data 22 Novembre 2009 – 12:20

Il Secolo XIX – 22 novembre 2009 – L’articolo sulla green economy ha spinto i lettori a sottopormi diverse questioni sull’ambiente in città. Oggi ne affronterò due, il futuro dell’Enel e la difesa delle colline, con una premessa: in questi anni l’ambiente è molto migliorato, come certifica la classifica di Legambiente Ecosistema Urbano. Nel 2006 eravamo terzi, oggi ottavi… insomma, sempre nelle prime posizioni. Ma nel 1999 Spezia era all’81° posto. Da allora abbiamo sviluppato un’azione efficace di rigenerazione ambientale: politiche della mobilità coraggiose, che hanno migliorato la qualità dell’aria; investimenti per allacciare utenze al depuratore, che hanno migliorato la qualità delle acque; crescita dei parchi; pianificazione e avvio della realizzazione delle bonifiche, e così via. Ci siamo lasciati alle spalle l’immagine di una città con gravi problemi ambientali, di cui era simbolo la discarica di Pitelli, lascito del vecchio sviluppo industrialista. Abbiamo restituito dignità a un territorio rendendolo più sano e vivibile. Ora molto resta da fare, per implementare questi risultati.

A cominciare dall’Enel. Una prima svolta c’è stata con l’ambientalizzazione del 1997, che ha fortemente ridotto l’inquinamento atmosferico. Come ho scritto il 31 maggio, se si rinuncia alla battaglia per la dismissione della centrale bisogna scegliere di proseguire l’ambientalizzazione e diridurre le emissioni di anidride carbonica dal 20 al 30% entro il 2020, coerentemente con il Piano dell’Unione europea, fatto proprio dai sindaci spezzini. E in prospettiva eliminare o quasi le emissioni. Ciò significa non solo usare più metano e meno carbone, ma anche ragionare seriamentesulla tecnologia di cattura e stoccaggio di CO2 (Ccs), che elimina il 90% delle emissioni di C02 delle centrali a carbone: l’anidride carbonica viene intrappolata nelle condotte delle centrali e convogliata per essere stoccata in modo sicuro e prolungato. Una tecnologia nuova e complessa, che si sta sperimentando e che solleva dubbi tra gli ambientalisti. Ma una città che sceglie di convivere con una centrale che va in parte a carbone non può non cimentarsi con questa sfida.

Anche nella difesa delle colline la svolta c’è già stata: il Piano Urbanistico Comunale (PUC), adottato nel 2000 ed entrato in vigore nel 2003, ha segnato un cambiamento rispetto al piano precedente. La decisione strategica di porre limiti all’espansione della città si è tradotta nella riduzione sostanziale delle espansioni in area collinare. Queste le tutele previste dal PUC: le edificazioni in zona agricola sono collegate alla conduzione di un fondo agricolo, al fine di garantire interventi di recupero alla coltivazione e di manutenzione del territorio, necessari per la conservazione del paesaggio e contro il rischio idrogeologico; i boschi sono privi di potenzialità edificatorie; la rete delle scalinate e dei sentieri è assoggettata a soli interventi di restauro; i nuclei storici vengono salvaguardati, così il paesaggio terrazzato.

Ma, valutando la fase attuativa, non possiamo non vedere che un problema c’è: le realtà abitative (in larga parte seconde case) sono spesso ben lontane da un legame diretto con la manutenzione del territorio. Se il Comune vuole, come vuole, realizzare davvero il parco collinare dovrà minimizzare le azioni che alimentano il consumo di suolo, riducendo drasticamente le costruzioni e vincolando in maniera sempre più chiara ed efficace gli interventi edilizi al recupero di territorio agricolo.

lontanoevicino@gmail.com

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